IL CALENDARIO DI COLIGNY
LA MISURA DEL TEMPO PRESSO I CELTI
Prof. Adriano Gaspani
Il Calendario di Coligny
E innanzitutto il sesto giorno
della Luna, che segna per questi gli
inizi dei mesi, degli anni e dei
secoli
che durano 30 anni,giorno scelto
perché
la Luna ha già tutte le sue forze
senza
essere a metà del suo corso.
(PLINIO, XVI, Naturalis Historia)
Perciò non calcolano il tempo
contando i giorni, ma le notti:
le date natalizie, i principi dei
mesi e degli anni sono contati
facendo incominciare la giornata
con la notte.
(CAIO GIULIO CESARE, De Bello
Gallico, VI, 18)
Introduzione
A Coligny,
nella regione dell'Ain (sud della Francia), antica terra dei Galli Ambarri,
furono ritrovati in un pozzo, nel novembre del 1897, i frammenti di una
tavola di bronzo, le cui incisioni riproducevano la sequenza dei giorni di
un calendario. Assieme alla tavola fu ritrovata anche una statua di Marte,
alta un metro e settantaquattro centimetri. Attualmente i reperti sono
conservati al Museo della Civiltà Gallo-Romana di Lione-Fourviere. Un
piccolo frammento (oggi perduto) con incisioni simili a quelli trovati a
Coligny era stato rinvenuto nel 1807 nei pressi del Lago d'Antre nei pressi
di Villards d'Herià nel Jura francese. Approssimativamente nello stesso
luogo (Ruisseau d'Heria) furono trovati nel 1967 da Lucien Lerat, altri otto
frammenti che con buona probabilità appartennero alla stessa tavola del
calendario di Villards d'Herià.Vari studiosi si occuparono della
ricostruzione e della decodifica del calendario di Coligny, tra questi vanno
citati l'irlandese Mc Neill e il francese Daviet per quanto riguarda le
prime interpretazioni. I primi a completare il restauro del calendario
furono però A. Duval e G. Pineault nel 1960, i quali ricostruendo i
frammenti mancanti riuscirono a restituire fedelmente la struttura
originaria. In questo modo é stato possibile avere a disposizione la
completa sequenza dei giorni e dei mesi Lunari nel corso dei cinque anni che
vi sono rappresentati. Ovviamente esiste un certo margine di incertezza per
quanto riguarda la ricostruzione delle iscrizioni presenti sui frammenti
mancanti. Infatti Duval e Pineault assunsero a priori il mantenimento della
ciclicità delle iscrizioni in lingua gallica lungo ciascuno dei cinque anni
che compongono il lustro rappresentato sulla tavola di bronzo. Dopo numerosi
studi, taluni dei quali ancora in atto, il calendario viene fatto risalire
al II secolo d.C., in piena epoca gallo-romana, ma gli studiosi sono
concordi anche nel ritenere che esso sia stato inciso prevalentemente per
scopi liturgici pagani e quindi possa riprodurre fedelmente il calendario
tradizionale celtico correntemente in uso alcuni secoli prima. La
ricostruzione del calendario é ancora insoddisfacente dal punto di vista
strettamente archeologico in quanto la maggior parte delle iscrizioni in
lingua gallica e caratteri latini non sono ancora state tradotte e comprese
in maniera soddisfacente. Lo stesso accade per quanto riguarda la
comprensione dei meccanismi e delle regole adottate sia per quanto riguarda
la sua progettazione sia per quanto riguarda il suo funzionamento e l'uso
che ne veniva fatto dai druidi gallici. Il lavoro di interpretazione é stato
intrapreso da vari studiosi e attualmente portato avanti da Monard, Olmsted,
Cernuti, Gaspani, Parisot, Mc Cluskey, Verdet e altri in varie parti
dell'Europa e dell'America.
La
struttura
Il calendario
di Coligny contiene la rappresentazione di una sequenza di cinque anni
Lunari completi, ciascuno di 12 mesi alternativamente lunghi 29 o 30 giorni,
più 2 mesi supplementari, ritenuti essere mesi intercalari introdotti per
rendere lunisolare il calendario. La sequenza dei mesi rappresentati é la
seguente:
Samonios
(30), Dumannios (29), Riuros (30), Anagantios (29), Ogronios (30), Cutios
(30),
Giamonios
(29), Simivisonios (30), Equos (30),Elenbiuos (29), Edrinios (30), Cantlos
(29).
Il numero tra
parentesi si riferisce al numero di giorni che compongono ciascun mese.
Ciascuno dei
12 mesi elencati iniziava la notte in corrispondenza della quale la Luna
assumeva la fase di primo quarto. Essi erano divisi in due parti di 15 più
15, oppure 15 più 14 giorni ciascuno in modo tale che se la prima quindicina
era vincolata dalla fase di primo quarto, l'inizio della seconda doveva
coincidere con la Luna alla fase di ultimo quarto. I mesi le cui quindicine
erano complete (30 giorni) sono classificati come MAT cioè fortunati (in
lingua gallica), mentre quelli con 29 giorni sono etichettati con il termine
gallico ANMAT che significa infausto. La prima quindicina, durante la quale
la Luna raggiungeva il plenilunio, era ritenuta un periodo di luce, mentre
la seconda quindicina centrata sul novilunio era ritenuta un periodo di
buio. Il Calendario di Coligny é suddiviso quindi in cinque anni Lunari
composti da 5 sequenze dei 12 mesi sinodici più due mesi supplementari di 30
giorni ciascuno per un totale di 62 mesi Lunari.
Si presume
che i due mesi addizionali servissero per conciliare il tempo misurato
basandosi esclusivamente sulla successione delle fasi della Luna con quello
misurato tenendo conto del moto apparente del Sole sulla sfera celeste
durante l'anno.
I criteri
di analisi
L'analisi di
questo importante reperto ha seguito due direzioni indipendenti. La prima ha
riguardato la funzione e l'uso del calendario la seconda invece ci ha
condotto a cercare di comprendere quali fossero le conoscenze astronomiche e
matematiche effettivamente diffuse nel mondo celtico. Queste due vie si
intersecano spesso in quanto lo sviluppo di un calendario efficiente
richiede una notevole conoscenza dei cicli del Sole e della Luna che solo
un'accurata e continuata osservazione astronomica unita ad una notevole
abilità nel calcolo matematico permettono di raggiungere.
La struttura
del calendario solleva ancora alcuni interrogativi a cui é necessario
rispondere.
1) Perché
i Celti adottarono un anno Lunare suddiviso in 7 mesi da 30 giorni più 5 da
29 e non la soluzione bilanciata di 6 mesi da 29 e 6 da 30?
2) Quale
fu la ragione che suggerì la scelta di un ciclo quinquennale?
3) Da dove
derivò la necessità di introdurre due mesi addizionali da 30 giorni ciascuno
rappresentati sulla tavola uno ogni 2 anni e sei mesi sinodici Lunari?
4)
L'accuratezza raggiunta era adeguata per gli scopi agricoli, sociali e
rituali tipici della società gallica del tempo?
La
ripartizione dei mesi
La decisione
di utilizzare una sequenza di 7 mesi da 30 giorni e 5 da 29 giorni per ogni
anno, dovette probabilmente rientrare in una logica ben precisa. Un'ipotesi
possibile potrebbe essere legata al tentativo che i druidi fecero per
ottimizzare il valore della lunghezza del mese sinodico Lunare a loro noto.
Mediante i metodi propri della Meccanica Celeste é possibile calcolare che
il mese sinodico Lunare durante l'età del Ferro contava in media 29.530585
giorni solari medi, quindi più di 29 ma meno di 30 giorni. Volendo ottenere
questo valore si possono combinare linearmente un certo numero di mesi da 29
e da 30 giorni in maniera opportuna in modo da ottenere in capo ad un anno
una stima abbastanza accurata della lunghezza media di un mese sinodico
Lunare e quindi raggiungere durante tutto l'anno una buona previsione dei
giorni in cui il primo quarto di Luna si sarebbe dovuto verificare e in
quelle notti far iniziare i mesi. Un metodo di previsione basato su una
struttura calendariale era utile in quanto diveniva possibile determinare la
data di inizio mese anche durante la stagione in cui il cielo rimaneva
generalmente coperto e l'osservazione diretta della Luna era preclusa. Se si
studiano le varie combinazioni di 29 e 30 giorni si rileva che una buona
approssimazione, per difetto, del mese Lunare si ottiene combinando 6 mesi
da 30 giorni con 6 mesi da 29, realizzando un mese Lunare sinodico medio
pari a 29.5 giorni e quindi un anno Lunare lungo 354 giorni, che é molto
vicino al valore vero di 354.37 giorni. La scelta che i Celti adottarono e
codificarono sul calendario portava invece ad un anno Lunare più lungo di un
giorno, cioè 355 essendo costituita da 5 mesi da 29 giorni più 7 da 30
giorni ciascuno. La lunghezza media del mese sinodico codificato mediante
questa combinazione é 29.583 giorni. Viene spontaneo chiedersi perché i
Celti preferirono questa scelta. I motivi potrebbero essere o di carattere
religioso, quindi legati a ragioni rituali riguardo la combinazione dei
numeri e quindi un possibile significato magico di essi, oppure potrebbe
avere una spiegazione meno rituale e più razionale. Dalle loro misurazioni i
druidi si erano accorti che la lunghezza del mese sinodico Lunare sembrava
fluttuare nel tempo intorno ad un valore medio, questo fatto lo rileviamo
sperimentalmente soprattutto dalla distribuzione delle iscrizioni in gallico
che generalmente accompagnano i giorni VII, VIII e VIIII delle due
quindicine di ogni mese, nei quali la Luna si trovava alle sizigie. La
lunghezza effettiva della Lunazione variava durante gli anni che vanno dal
500 a.C. al 400 a.C. tra 29.268 e 29.838 giorni solari con un periodo di
3307 giorni (circa 9 anni tropici) per effetto della variazione periodica
dell'eccentricità dell'orbita della Luna che oscilla tra 0.045 e 0.065
sovrapposto ad un periodo breve di 413 giorni (1.13 anni) che é esattamente
1/8 del periodo lungo. Inoltre essendo il mese sinodico medio più lungo di
circa due giorni rispetto al mese siderale, la Luna compie più di una
rivoluzione siderale nel corso di una Lunazione. In aggiunta l'orbita della
Luna é ellittica, così che la sua velocità orbitale é minima all'apogeo e
massima al perigeo. Quando la Luna, in congiunzione con il Sole, é prossima
al perigeo, la lunghezza dei mese sinodico é più breve rispetto al valore
medio in quanto la sua velocità orbitale é maggiore e il segmento di orbita
in più percorso a causa del contemporaneo spostamento orbitale della Terra
verrà percorso più in fretta, mentre quando la congiunzione eliaca si
verifica in prossimità dell'apogeo avremo la situazione opposta cioè il mese
sinodico sarà più lungo in quanto la Luna percorrerà più lentamente il
segmento supplementare di orbita. Ne deriva quindi un'oscillazione del
valore della lunghezza del mese sinodico, Lunazione dopo Lunazione, che
poteva essere notato mediante osservazioni astronomiche accurate distribuite
su un lungo lasso di tempo. Il periodo breve con cui il mese sinodico varia
é pari a 14 Lunazioni. Questo valore eccede di due Lunazioni la lunghezza
dell'anno sinodico Lunare, quindi da un anno all'altro l'andamento della
variazione della lunghezza della Lunazione varia in maniera consistente. In
più esiste anche la periodicità otto volte più lunga dovuta alla variazione
di eccentricità dell'orbita della Luna. Studiando l'andamento della
lunghezza della Lunazione misurata dal primo quarto al primo quarto
successivo (cioè da un mese al successivo nel calendario gallico) su un
intervallo di 800-1000 anni si osserva una distribuzione bimodale con due
picchi, il primo a 29 giorni e 8 ore e il secondo a 29 giorni e 17 ore che
corrispondono a 29.333 e 29.729 giorni rispettivamente, mentre il valore
medio pari a 23.53 giorni appare essere di norma il meno frequente. Se
invece si studia l'andamento del mese sinodico misurato dal plenilunio al
successivo oppure dal novilunio al successivo (che corrisponde ad usare le
"triplette" nel calendario gallico) allora rileviamo nuovamente una
distribuzione bimodale, ma questa volta i picchi cadono a 29.438 e 29.625.
Cumulando le distribuzioni si ottiene di nuovo una distribuzione bimodale i
cui picchi ora sono a 29.42 e 29.60 giorni. La conclusione é che il mese
sinodico Lunare tendeva ad assumere questi due valori con probabilità quasi
doppia rispetto al valore di 23.53 giorni. Questi valori sono quelli che si
desumono dalle osservazioni, mentre il valore medio pari a 29.53 proviene
dal calcolo mediante la moderna Meccanica Celeste, quindi possiamo
ragionevolmente ritenere che i druidi potessero avere osservato
tendenzialmente i due valori più probabili e non il valore medio. Le
combinazioni di mesi da 29 e 30 giorni utili a realizzare i due valori
osservati sono (7´29+5´30)/12
ottenendo 29.42 e (7´30+5´29)/12
ottenendo 29.58 che é vicino al secondo valore di picco osservato.
Quest'ultimo valore conduce in capo a 12 Lunazioni ad assegnare 355 giorni
alla lunghezza dell'anno Lunare invece che 354. Il valore 355 é proprio la
durata dei tre anni ordinari indicati nel calendario di Coligny e anche dei
due rimanenti avendo l'accortezza di trascurare il mese intercalare che li
porta a 385 giorni ciascuno. La combinazione bilanciata di 6 mesi da 29 più
6 mesi da 30 giorni porta ad ottenere un valore poco probabile rispetto alle
osservazioni. Il riconoscimento del carattere periodico di questa
oscillazione era molto probabilmente al di là dell'accuratezza raggiungibile
dai druidi con le osservazioni visuali condotte durante l'età del Ferro,
quindi la variazione periodica poteva apparire solamente come un errore che
accompagnava ogni valutazione sperimentale della lunghezza della Lunazione.
Esiste però una coincidenza che lascia a dir poco perplessi. Infatti il
novilunio in prossimità del perigeo Lunare avviene usualmente tra il 5
Maggio e il 28 Giugno di ogni anno quindi in quel periodo avvengono le
Lunazioni più corte. Il novilunio in prossimità dell'apogeo dell'orbita
Lunare avviene nel periodo che va dal 6 Novembre al 24 Gennaio dell'anno
successivo, periodo nel quale le Lunazioni sono più lunghe. I periodi citati
comprendono le date delle due più importanti feste che i Celti celebravano
durante l'anno. Infatti TRINVXTION SAMONI, principio della stagione
invernale, avveniva in vicinanza della levata eliaca di Antares, quindi in
Novembre e BELTANE, principio della stagione estiva si celebrava in
concomitanza con la levata eliaca di Aldebaran, quindi tra Maggio e Giugno.
Non é chiaro se si tratti o meno solamente di una coincidenza oppure se
questo fatto possa contenere qualche ulteriore prova della conoscenza
dell'oscillazione periodica della lunghezza della Lunazione da parte dei
druidi Ambarri. L'anno Lunare contiene un numero intero di Lunazioni, cioè
12, però le periodicità fondamentali con cui varia la lunghezza del mese
sinodico sono 14 e 112 Lunazioni quindi anche la sua lunghezza va soggetta a
piccole, ma consistenti irregolarità intorno al valore medio di 354.37
giorni solari medi. Per conciliare queste oscillazioni i druidi potevano
adottare solamente due modi. Il primo prevedeva di approssimare il valore
354.37 per eccesso all'intero più vicino, cioè 355 giorni realizzando un
anno formato da 7 mesi da 30 giorni e 5 da 29 giorni ciascuno, come
effettivamente troviamo rappresentato sul calendario di Coligny. Ricordiamo
che i Celti erano costretti ad operare con i numeri interi dato che non
erano in grado di lavorare con i numeri decimali, almeno come li intendiamo
oggi. Quindi i druidi pur rilevando che le lunghezze dei tempi erano
rappresentabili per mezzo di numeri interi più frazioni con numeratore e
denominatore formati da numeri interi, si trovarono costretti ad
approssimare le varie quantità al numero intero più vicino al fine di
gestire meglio i calcoli. Il secondo metodo richiedeva invece di alternare
anni Lunari da 354 giorni con anni da 355 giorni all'interno di un periodo
di 30 anni Lunari in modo da recuperare gli scarti. Il calendario di Coligny
testimonia che probabilmente entrambe le soluzioni furono adottate
contemporaneamente entro lo stesso schema di calcolo.
I due mesi intercalari
Dobbiamo ora chiederci perché la tavola di Coligny riporta due mesi
addizionali da 30 giorni ciascuno, che vari studiosi hanno interpretato come
intercalari, elencati ogni 2 anni Lunari e mezzo portando quindi a 385
giorni la lunghezza complessiva del primo e del terzo anno rappresentati
sulla tavola di bronzo. La loro sola presenza ci spinge a ritenere che
nonostante la sua matrice marcatamente Lunare, il calendario di Coligny
avesse molto a che vedere anche con il Sole. Con molta probabilità i druidi
furono costretti ad introdurre sulla tavola bronzea questi due mesi con lo
scopo di intercalarli, seguendo qualche criterio, nel corso dei 5 anni
Lunari per raggiungere un accordo ragionevole tra la marcia del Sole e
quella della Luna. Questa necessità emerse in quanto solo un calendario
puramente rituale e quindi svincolato da applicazioni pratiche, poteva
essere esclusivamente Lunare. Probabilmente il calendario gallico
rappresentò non solo uno strumento liturgico, ma anche un dispositivo utile
in qualche modo alla pianificazione agricola, che come é noto va soggetta ai
cicli stagionali in accordo con il Sole, più che con la Luna. Il legame
anche solare del Calendario di Coligny potrebbe derivare dal fatto che le
date delle quattro feste principali che i Celti celebravano durante il corso
dell'anno erano legate ai cicli stagionali avendo rilevanza anche dal punto
di vista agricolo.
Le feste
Le quattro feste fondamentali celebrate dai Celti erano: Trinvxtion Samoni,
Imbolc, Beltane, Lughnasad ed erano poste a distanza di circa quattro mesi
l'una dall'altra pressapoco a metà strada tra i solstizi e gli equinozi. In
nessun caso queste feste ebbero carattere equinoziale o solstiziale quindi
la loro cadenza non fu assolutamente vincolata da particolari posizioni
esclusive del Sole sull'Eclittica. Nondimeno il Sole rivestì il ruolo
importante nel calcolo delle date delle feste. Gaspani e Cernuti (1993)
hanno proposto che le date delle feste venissero calcolate dai druidi sulla
base delle levate eliache di quattro stelle luminose e che il vincolo Lunare
fosse obbligatorio solamente nel caso della festa più importante, quella di
Trinvtionx Samoni che si celebrava in autunno e che segnava anche l'inizio
dell'anno celtico. Osserviamo quindi che nel caso di Imbolc, Beltane e
Lughnasad dovevano essere verificati alcuni vincoli astronomici solari e
stellari e nel caso di Trinvxtion Samoni anche la Luna doveva giocare la sua
parte in quanto la festa in oggetto era molto prossima all'inizio dell'anno.
Sul calendario di Coligny la festa di Trinvxtion Samoni é l'unica
espressamente indicata nelle annotazioni per tutti e cinque gli anni
rappresentati. L'annotazione corrispondente é TRINUX(tion) SAMONI SINDIV(os)
che é traducibile dalla lingua Gallica antica come "le tre notti di Samonios
cominciano adesso" e compare in corrispondenza del secondo giorno della
seconda quindicina del mese di Samonios di ciascun anno del calendario
celtico.
L'anno solare
Il valore
della lunghezza dell'anno solare tropico codificato nel calendario di
Coligny é stato matematicamente determinato in 367 giorni, corrispondente ad
un valore del mese solare medio lungo 30.583 giorni solari medi. L'anno di
367 giorni mostra un errore troppo elevato rispetto al valore vero della
lunghezza dell'anno tropico, pari a 365.2422 giorni, per essere considerato
come il valore correntemente noto ai Celti, anche perché un valore prossimo
a 365.25 giorni era già noto da tempo presso quasi tutte le culture del
Mediterraneo con cui i Celti ebbero contatti fin dall'antichità. La
spiegazione di questo valore anomalo é probabilmente da ricercarsi nel fatto
che la formulazione ottimale del calendario prevedrebbe l'inserzione di due
mesi intercalari molto più corti, cioè uno di 26 giorni e uno di soli 25 per
ottenere un accordo globalmente soddisfacente tra il Sole e la Luna, ma come
sarà messo in evidenza più avanti i vincoli sulla fase Lunare obbligarono i
druidi a lavorare contando solamente Lunazioni complete. Anche in questo
modo sarebbe stato più conveniente utilizzare due mesi intercalari da 29
giorni, oppure uno da 29 e uno da 30 giorni i quali avrebbero raggiunto
globalmente un'approssimazione migliore. A questo punto i casi sono due e
cioè questa cattiva gestione potrebbe essere imputata alla scarsa bravura
del progettista del calendario, oppure la scelta di introdurre dei mesi
intercalari così strutturati non fu un errore, ma la deliberata risposta ad
una esigenza che tenteremo di conoscere. L'ipotesi che la progettazione del
calendario sia stata eseguita su basi erronee é molto difficile da accettare
in quanto il calendario di Coligny é il prodotto di tutto un lavoro di
studio dei moti del Sole e della Luna e di analisi delle loro periodicità,
portato avanti per secoli da persone, i druidi, che erano rinomate per
possedere una notevole conoscenza della natura e dei suoi fenomeni, quindi é
molto difficile credere alla possibilità di una scorretta valutazione della
lunghezza dell'anno tropico. Infatti se dobbiamo credere alle citazioni
degli autori classici, possiamo leggere nella "Refutatio Omnium Haeresium"
scritta da Ippolito: << I druidi dei Celti hanno
studiato assiduamente la filosofia pitagorica... E i Celti ripongono fiducia
nei loro druidi come veggenti e come profeti poiché costoro possono predire
certi avvenimenti grazie al calcolo e alla aritmetica dei Pitagorici. >>
Rimane quindi solamente l'ipotesi che per qualche ragione fu conveniente
operare nel modo rappresentato sul calendario.
Da questa prima analisi incomincia ad apparire chiaramente che non é
possibile credere che il calendario gallico fosse strutturato in modo
rigido, ma dobbiamo ipotizzare che probabilmente esso doveva seguire alcuni
criteri dinamici, tali per cui l'accordo tra il calendario solare e quello
Lunare potesse essere interattivamente controllato ad intervalli periodici
in modo da minimizzare, almeno entro certi limiti, le discrepanze tra la
marcia del Sole e quella della Luna. L'analisi della struttura del
calendario di Coligny suggerisce che esso fu il prodotto del lavoro portato
avanti da un gruppo di persone le quali dovevano possedere le conoscenze
astronomiche e matematiche necessarie al suo sviluppo. La struttura del
calendario quindi risulta essere matematicamente ben delineata e rimane agli
studiosi il problema di metterla in evidenza. Innanzitutto il calendario,
per sua natura, é uno strumento lineare di previsione di taluni fenomeni
periodici basato sulla codifica di un efficiente sistema di calcolo
analogico. In parole più semplici, la previsione é possibile in quanto
esistono una o più periodicità note e codificate in un determinato
algoritmo. Cercheremo ora di analizzare le periodicità rappresentate nel
calendario di Coligny dal punto di vista strettamente matematico in quanto
solamente in questo modo é possibile cercare di ricostruire il pensiero dei
druidi celti alle prese con il problema della misura del tempo.
Le periodicità fondamentali del calendario di Coligny
I Celti come altre popolazioni si trovarono alle prese con l'osservazione
dei fenomeni ciclici e con la tendenza naturale di impossessarsi di queste
scadenze per strutturare la loro vita in sinergia con la natura. I Celti
dovevano dare un senso a ciò che ancora oggi non é facile da definire e cioè
il concetto di "tempo". Per fare questo dovevano studiare la natura, in
special modo il cielo e riportare queste regole nascoste in una struttura
alla loro portata cioè costruire un calendario. Non a caso i calendari, come
quello di Coligny, sono detti lunisolari; con un'espressione moderna
potremmo dire che le unità di base utilizzate per misurare il tempo sono
legate ai cicli dei due principali corpi celesti più facilmente osservabili:
il Sole e la Luna. Ciascuno di essi é caratterizzato da alcune periodicità
fondamentali le quali rappresentate su un calendario permettono la misura
del tempo. Il problema principale che si riscontra cercando di utilizzare il
Sole e la Luna nella progettazione di un calendario é la loro fasatura in
quanto l'anno Lunare dura 354.37 giorni mentre l'anno solare tropico dura
365.2422 giorni così il mese Lunare medio conta 29.53 giorni, rispetto a
quello solare costituito da 30.4 giorni. L'incommesurabilità delle
periodicità Lunari e solari é il problema che sin dall'antichità, ha reso
problematico lo sviluppo dei calendari. Molte popolazioni tra cui i Romani
cercarono inizialmente di superare il problema introducendo a un certo punto
del calendario un mese detto "intercalare", costituito dai giorni di
disavanzo tra il tempo previsto dal loro calendario e il tempo astronomico
realmente trascorso. In questi tipi di calendario l'introduzione rigida di
questi mesi portava come é facile immaginare a degli scompensi. Ad esempio,
quando nel 46 a.C, Giulio Cesare incaricò l'astronomo alessandrino Sosigene
di iniziare quella che poi sarebbe stata la "riforma giuliana" del
calendario, il tempo civile era discordante di circa tre mesi rispetto al
tempo astronomico naturale. Già dalle prime interpretazioni si era pensato
che i due mesi addizionali presenti nel calendario di Coligny nell'arco di 5
anni venissero introdotti in modo rigido ogni 2 anni e 6 mesi Lunari in modo
da ripristinare periodicamente l'accordo tra il computo Lunare e quello
solare. La differenza tra un anno solare tropico e un anno Lunare di 12
Lunazioni vale 10.9 giorni quindi dopo 30 mesi il disavanzo tra il computo
solare e quello Lunare arrivava a 27.2 giorni. Il calendario di Coligny
contiene anni Lunari da 355 giorni quindi il disavanzo annuale ammonta a 10
giorni che conduce dopo 30 mesi a richiedere l'inserzione di 26 giorni per
pareggiare il conto. Ora il calendario mette in evidenza 2 mesi intercalari
lunghi entrambi 30 giorni, cioè una Lunazione completa valutata in eccesso.
L'inserzione rigida del mese intercalare ogni 2 anni e mezzo conduce ad uno
scompenso di circa 5 giorni per ogni ciclo di 5 anni già con il generatore
fondamentale di periodicità cioè la Luna. Quindi visto che i Celti
conoscevano molto bene l'Astronomia, come ci testimonia lo stesso Cesare nei Commentarii De Bello Gallico, appare molto poco probabile che i
druidi gallici si siano limitati ad applicare questo metodo così poco
accurato. A Roma Giulio Cesare era ritenuto un'autorità in fatto di
Astronomia. Tra le sue opere annoveriamo anche il De Astris, opera
che però é andata perduta, ma che fu citata spesso dagli autori latini in
epoca successiva; quindi Giulio Cesare deve essere considerato una fonte
attendibile. Il metodo adottato dai Romani, dopo la riforma giuliana, si era
limitato a trasformare i mesi Lunari in mesi solari allungandoli di 1 o 2
giorni ciascuno in modo da codificare un anno di 365.25 giorni in accordo
con il Sole, ma trascurando, in questo modo, definitivamente la Luna. La
riforma giuliana segnò quindi il definitivo passaggio da un calendario
lunisolare, come era quello tradizionalmente in uso presso i romani, ad uno
di natura esclusivamente solare, ma il calendario giuliano non si diffuse in
Gallia prima del 450 d.C. quindi nel secondo secolo, quando la tavola di
Coligny fu prodotta, il calendario correntemente in uso era ancora quello
gallico. L'abbandono della Luna semplificò effettivamente le cose per i
Romani, ma un calendario puramente solare non poteva essere adottato dalle
popolazioni celtiche in quanto per i Celti la Luna ricopriva un ruolo
fondamentale e rituale nella gestione del tempo e trascurarla sarebbe stato
per loro una condizione inaccettabile. Tutto questo era ben noto allo stesso
Cesare, che nel De Bello Gallico riportava con stupore, riferendosi ai
druidi celtici:
<<...calcolano i giorni natalizi e l'inizio dei mesi e degli anni come se il
giorno sia successivo alla notte...>>.
Altre informazioni riguardo la tendenza dei Celti a impostare la loro vita
religiosa e sociale in accordo con il cielo, le troviamo nel capitolo XVI
della Naturalis Historia di Plinio il Vecchio relativamente alla cerimonia,
molto importante presso i Celti, relativa alla raccolta del vischio.
Plinio infatti scrive:
<<É poi questo (il vischio) é molto raro a trovarsi
e una volta trovato é colto con grande pompa religiosa e innanzi tutto al
sesto giorno della Luna, che segna per questi gli inizi dei mesi, degli anni
e dei secoli, che durano trenta anni, giorno scelto perché la Luna ha già
tutte le sue forze senza essere a metà del suo corso.>>
Il sesto giorno della Luna é inequivocabilmente la fase di primo quarto in
corrispondenza della quale cade l'inizio dei mesi e degli anni del
calendario e di un ciclo più lungo, trentennale, che veniva chiamato "Saeculum".
Tutte queste notizie provenienti da Plinio il Vecchio risultano in perfetto
accordo con la struttura matematica codificata nel calendario di Coligny,
quindi per capire il calendario di Coligny bisogna tenere presente che
esistono alcuni vincoli fondamentali, che possiamo riassumere brevemente
nello schema seguente:
o) Il calendario é composto da 5 anni Lunari di 355 giorni più due mesi
addizionali di 30 giorni ciascuno.
o) I mesi sono suddivisi equamente in mesi MATV (fortunati) e in mesi ANMATV
(sfortunati).I mesi Matu durano 30 giorni mentre i mesi Anmatu 29, fatta
eccezione per il mese di Equos che é un mese Anmatu ma dura 30 giorni.
o) Ogni mese, e quindi ogni anno, iniziano con la fase di primo quarto della
Luna.
o) Ogni mese é diviso in due quindicine separate dalla parola gallica
ATENOVX (ritorno alla Luna nuova).La quindicina posta dopo ATENOVX comprende
il novilunio e quindi di fatto é il periodo dell'oscurità.
o) La festa di Trinvxtion Samoni, l'unica espressamente indicata sulla
tavola di bronzo, si festeggiava, per sua natura, tra l'ultimo quarto e il
novilunio nel mese di Samonios, quindi in periodo di "oscurità" cioè dopo
ATENOVX.
o) Le altre tre feste principali, Imbolc, Beltane e Lughnasad, erano
regolate dalle levate eliache di alcune tra le stelle luminose visibili ad
occhio nudo in cielo, quindi non sono riportate sul calendario Lunare a
causa della loro mobilità rispetto al computo lunisolare intercalato.
o) Il calendario é strutturato con dei periodi chiave di 2 anni e 6 mesi
Lunari, 5 anni Lunari i quali sono dei sottomultipli di un altro periodo
importante per i Celti, cioé il Saeculum che comprendeva 30 anni Lunari.
Nello sviluppo del calendario i Celti si trovarono di fronte il problema
pratico di soddisfare i vincoli relativi alla Luna, dato che era stata
scelta per scandire gli avvenimenti importanti tra cui la festa di
Trinvxtion Samoni, ma nello stesso tempo, per avere un accordo con le
stagioni, i periodi di semina, di raccolto e le altre feste legate alle
levate eliache delle stelle. Era necessario quindi codificare nel calendario
con sufficiente esattezza anche l'anno solare. Bisogna ricordare che per le
popolazioni che vivevano alle latitudini tipiche del nord e del centro
Europa, quali erano i Celti, sbagliare anche di solo un mese il tempo della
semina poteva voler dire rischiare un periodo di carestia con tutte le
pesanti implicazioni sociali ad esso connesse. Anche per questo risulta poco
probabile che i due mesi addizionali fossero intercalati in maniera rigida
in quanto in questo modo veniva a crearsi una pericolosa discordanza tra il
tempo indicato dal cielo e le date previste dal calendario, discordanza che
poteva arrivare fino a circa una Lunazione ed in parte recuperabile solo
ogni 30 Lunazioni, quindi perché il calendario fosse efficiente era
necessario mantenere un ragionevole accordo con il Sole e rispettare nello
stesso tempo le fasi Lunari.
L'uso del calendario gallico
Per poter comprendere come veniva utilizzato il calendario gallico e capire
come é strutturato il calendario di Coligny bisogna ricordare quella che con
molta probabilità fu l'evoluzione che portò a ideare un calendario così
particolare. In queste tappe si sottintende che i Celti erano già arrivati
da tempo all'idea di suddividere il computo del tempo in periodi
fondamentali basati sulla ciclicità dei fenomeni astronomici. La prima
realizzazione di un calendario, che definiremo "arcaico", utilizzò
esclusivamente la Luna come generatore fondamentale di periodicità di
riferimento, ed era probabilmente costituito da 355 giorni ripartiti in 12
mesi a loro volta suddivisi in due quindicine. Tutto questo non era altro
che la codifica delle più evidenti periodicità della Luna che suggerì agli
uomini, fino dal neolitico, la ripartizione del tempo in settimane,
quindicine e mesi. In questo modo i mesi iniziavano ritualmente con la Luna
alla fase di primo quarto, così che la prima quindicina era caratterizzata
dalla luce (essendo centrata sulla data di Luna piena) e la seconda dal buio
(Luna nuova). La lunghezza dei mesi fu probabilmente già fissata
alternativamente a 29 e a 30 giorni in modo da compensare
approssimativamente sia la lunghezza media del mese sinodico Lunare (29.53
giorni) che é intermedia tra questi due valori, sia per compensare le sue
variazioni annuali che peraltro dovevano probabilmente risultare
inspiegabili ai druidi. Un calendario così strutturato sollevava però alcuni
problemi pratici anche con la stessa Luna. Infatti dopo 5 anni era facile
accorgersi che le fasi Lunari non si ripetevano più nei giorni previsti dal
calendario, nel senso che il primo giorno di Samonios, primo mese dell'anno,
dopo 5 anni non coincideva più con il giorno in cui la Luna mostrava la fase
di primo quarto, ma con la Luna in una fase più avanzata di circa tre
giorni. Tutto questo era dovuto al fatto che avendo approssimato le
lunghezze del mese e dell'anno Lunare a valori interi, inevitabilmente erano
state trascurate alcune frazioni di giorno che accumulandosi
progressivamente producevano in capo a 5 anni delle discrepanze che non
potevano passare inosservate, soprattutto a degli attenti osservatori della
natura quali erano i druidi. Il problema più grosso era però legato al fatto
che i mesi del calendario con il passare del tempo cadevano in stagioni
sempre diverse fino a situazioni assurde quali potevano essere quelle in cui
un mese invernale cadeva, per effetto della accumulazione degli scarti,
durante la stagione estiva. La ragione di questa retrogradazione dei mesi é
legata al fatto che un anno Lunare é più corto di un anno solare di quasi 11
giorni e la differenza tra il tempo previsto dal calendario e quello
astronomico, con il passare degli anni, diventa sempre più marcata. Infatti
ogni 2 anni Lunari e mezzo si perdeva circa un mese e solo dopo 33.58 anni
si ritornava alle condizioni iniziali, cioè all'accordo tra il calendario e
la stagione climatica. Durante quel periodo il calendario era retrogradato
di un numero di giorni pari ad un anno Lunare esatto. Un druido era quindi
in grado di rilevare che la levata del Sole avveniva nello stesso luogo
lungo l'orizzonte locale e contemporaneamente con la levata eliaca di talune
stelle e con la Luna alla stessa fase entro lo stesso mese del calendario
Lunare, una volta ogni 33.6 anni, ma l'accordo tra il computo Lunare e la
situazione stagionale era rilevabile con minore approssimazione quindi
l'osservazione era in grado di rilevare l'accordo tra la stagione in corso e
il computo calendariale ogni 30 anni circa. Era quindi naturale ammettere
una compensazione rigida globale pari a 30 giorni ogni 30 mesi, cioé
formalmente 1 Lunazione ogni 30. Ecco quindi spiegata l'origine del ciclo
trentennale (Saeculum) e del posizionamento del mese addizionale ogni 2.5
anni Lunari come troviamo indicato sulla tavola di Coligny. Il calendario
Lunare arcaico che é stato ipotizzato in questa sede o fu esclusivamente
rituale, quindi indipendente dal trascorrere delle stagioni e non aveva
alcuna utilità pratica, ma era solamente limitato all'uso religioso, oppure
rappresentò soltanto un primo e maldestro tentativo di computo del tempo,
gradualmente migliorato in epoche successive, con lo scopo di riuscire ad
ottenere una predizione che accordasse ragionevolmente la Luna con il Sole.
Molto probabilmente fu questa l'effettivo processo evolutivo del calendario
gallico in quanto i Celti erano così profondi conoscitori del cielo e dei
suoi fenomeni da essere in grado di intuire che se avessero utilizzato due
computi contemporanei ed indipendenti tra di loro avrebbero potuto
migliorare la precisione del calendario. Dal punto di vista tecnico come era
possibile accordare i due tempi entro un unico dispositivo calendariale
funzionante? Dopo alcuni lustri durante i quali il calendario arcaico fu
usato, i druidi probabilmente si accorsero che dopo 2 anni Lunari e mezzo
era stata persa pressoché una Lunazione esatta, cioè i mesi erano
retrogradati quasi di uno, ma in realtà di circa 27 giorni. A quel punto i
mesi indicati sul calendario non corrispondevano più alla posizione del Sole
tra le stelle appartenenti alle costellazioni che si trovano sull'eclittica;
questo doveva essere molto evidente confrontando le date delle levate
eliache delle stelle luminose con quanto previato dal puro computo
calendariale; infatti la posizione vera del Sole nel cielo risultava in
ritardo rispetto alle previsioni fornite dal calendario. La soluzione di
minor sforzo per porre rimedio alla sfavorevole situazione era quindi quella
di fermare il calendario teoricamente per 27 giorni, ma tecnicamente era
necessario attendere la Lunazione successiva e riprendere il conteggio dopo
questo tempo in modo che l'accordo tra stagioni, mesi Lunari e posizione del
Sole rispetto alle stelle zodiacali fosse ritornato ragionevolmente in
ordine, ma con un errore residuo di un paio di giorni, limitato, ma
consistente e destinato alla lunga a sfasare il calendario. Questo
accorgimento si traduceva in pratica nell'aggiungere al calendario un mese
addizionale ogni 2 anni Lunari e mezzo, cioè 30 giorni in 30 mesi.
L'intercalare serviva per far passare i 27 giorni di anticipo che si erano
accumulati nel tempo scandito dal calendario, in modo che quando si
ripartiva con il mese successivo si otteneva nuovamente l'accordo con il
periodo stagionale in corso, ma se i giorni aggiunti fossero stati
giustamente solo 27 invece che un'intera Lunazione, l'inizio del mese
successivo non sarebbe potuto avvenire con la Luna al primo quarto, ma due
giorni prima compromettendo la simmetria e l'aderenza dei mesi alle fasi del
nostro satellite naturale. Per questo motivo una ripartizione rigida, che
costringeva ad aggiungere due mesi intercalari ogni 5 anni Lunari, non
poteva essere considerata come ottimale e neanche definitiva in quanto il
metodo era troppo impreciso per raggiungere un accordo ragionevole tra le
stagioni e le fasi Lunari. Infatti se si considera un lustro formato da
cinque anni Lunari lunghi 355 giorni ciascuno (o equivalentemente da 60 mesi
Lunari) più 60 giorni intercalati, in capo ad un Saeculum di 30 anni si
ottiene un disaccordo tra il tempo passato secondo il calendario e il tempo
realmente trascorso equivalente a due mesi circa. Questo accade poiché per
recuperare questa discrepanza basterebbe aggiungere ogni 2 anni Lunari e
mezzo un numero di giorni intercalari inferiore a 30. Per i Celti i mesi
dovevano iniziare con la Luna al Primo quarto e di conseguenza bisognava per
forza far trascorrere una Lunazione completa per trovarsi nuovamente con la
fase giusta all'inizio del mese. Inoltre bisognava tener conto
dell'oscillazione del mese Lunare di cui si é gia parlato in precedenza,
quindi i Celti preferirono approssimare per eccesso. A questo punto dobbiamo
però fare un' altra considerazione, infatti con l'utilizzo di questi
intercalari si genera un errore di circa 4 giorni ogni 5 anni, anche
rispetto al tempo calcolato basandosi sul computo della Luna, perché
l'aggiunta di due mesi supplementari, conduce ad un piccolo, ma consistente
disaccordo progressivo con la fase Lunare che sancisce l'inizio di ogni
mese. Sarebbe stato meglio utilizzare mesi da 29 giorni che avrebbero
ridotto almeno l'errore relativamente alla Luna e nello stesso tempo
avrebbero diminuito anche lo sfasamento con il tempo solare, però ciò non é
stato fatto dai druidi e non sappiamo perché anche se alcune ipotesi possono
essere avanzate. La ragione per cui essi presero una decisione diversa può
essere dipesa dal fatto che si erano resi conto che l'approssimazione per
eccesso nei calcoli garantiva loro un margine di sicurezza maggiore, (se il
calendario anticipa rispetto al tempo vero, basta fermare il computo e
attendere che l'accordo venga ristabilito, ma non era possibile il
meccanismo opposto). Oppure essi pensavano di utilizzare il calendario non
rigidamente ma in modo dinamico e interattivo. Quello che possiamo affermare
con sicurezza é che il calendario gallico così come é codificato sulla
tavola di bronzo trovata a Coligny può avere due possibili interpretazioni.
Infatti o é un calendario luni-solare classico come quello romano in vigore
prima della riforma giuliana o é analogo a quello islamico ché é rimasto un
calendario puramente Lunare con impiego limitatamente religioso. Una terza
ipotesi é che il Calendario di Coligny sia stato codificato secondo una
logica molto più complessa di quelli che usualmente troviamo nella struttura
dei calendari antichi. Quest'ultima ipotesi é supportata da alcuni fatti che
lasciano perplessi e che qui riassumiamo.
1) Perché inserire due mesi intercalari di 30 giorni quando bastava
aggiungerne due da 29 per ottenere un accordo migliore, se non per
utilizzare il calendario in modo dinamico?
2) Perché riportare i nomi dei mesi in successione esatta accanto ai giorni
compresi dei due mesi intercalari?
3) Sul
calendario accanto a talune date sono codificate frasi che potrebbero
indicare qualche ricorrenza. Se analizziamo in particolare le periodicità
con cui sono distribuite ci accorgiamo che esse non sono casuali, ma tendono
a rispettare talune regole di ricorrenza.
4) Se i Celti erano così abili nello studio dei corpi celesti, come é
evidenziato da diversi storici, per quale motivo avrebbero dovuto costruire
un calendario con degli errori di base e prestazioni così approssimative?
I Celti adottarono con molta probabilità un sistema che risolvesse loro
questi problemi in maniera ragionevolmente accurata e al quale giunsero dopo
aver migliorato continuamente il loro calendario, in origine esclusivamente
Lunare. É possibile accorgersi che in realtà i druidi gallici che
progettarono il calendario diedero una ulteriore prova di fantasia e
ingegno. Infatti il calendario gallico non tenta di realizzare un accordo
ragionevole tra due periodicità fondamentali incommensurabili tra loro, ma é
in grado mediante un determinato algoritmo di generare le previsioni solari
partendo dal puro ciclo Lunare. In questo il calendario gallico si
differenzia da tutti gli altri calendari antichi oggi noti. Infatti se da un
lato la struttura lunisolare rigida garantiva che i mesi rimanessero grosso
modo coerenti con le stagioni, dall'altro lato era possibile usare la stessa
struttura in maniera più sofisticata per calcolare esattamente la posizione
del Sole nel cielo durante qualsiasi giorno dell'anno e dei "saecula".
L'evoluzione del ciclo della Luna, fondamentale dal punto di vista rituale,
permetteva di fare previsioni relativamente ai cicli del Sole. Il primo
strettamente legato alla sfera di pertinenza divina, mentre il secondo utile
per scopi pratici agricoli. Vedremo ora quale fu il meccanismo probabilmente
adottato per generare il tempo solare da quello Lunare con un adeguato grado
di precisione.
La gestione dinamica
I druidi sapevano che un accordo ragionevole poteva essere ottenuto
aggiungendo progressivamente 60 giorni intercalari a 60 mesi Lunari durante
un lustro, quindi diverrebbe spontaneo in prima approssimazione contare un
giorno ad ogni mese Lunare in modo da esaurire i 60 giorni durante un
intero lustro comprendente 60 mesi Lunari. La sequenza di 30 giorni elencati
entro ciascun mese intercalare rappresenta in realtà l'insieme dei giorni da
introdurre nel computo Lunare per ottenere quello solare. Il computo Lunare
é esemplificato dalla pura e semplice successione dei mesi Lunari del
calendario, mentre il computo solare deve tenere conto, per essere
ottenuto, della sequenza dei giorni elencati negli intercalari e dalle
iscrizioni che li accompagnano. Infatti esiste una corrispondenza scritta
tra i giorni compresi nei mesi intercalari e i 12 mesi Lunari del
calendario. I due mesi intercalari rappresentano quindi solamente due
"tabelle di servizio", infatti al contrario degli altri 12 mesi essi non
hanno nome e possono essere considerati come una sorta di memoria,
analogamente a quelle dei moderni computer, in cui é immagazzinata la
differenza progressiva tra il computo solare e quello Lunare. In questo modo
quando si era giunti alla fine di un dato mese di un dato anno del
calendario, la corrispondente posizione del Sole sull'eclittica poteva
essere calcolata tenendo conto della posizione di un piolo indicatore sulla
tabella intercalare, in pratica dei giorni trascorsi dall'inizio del
quinquennio. Il puro e semplice computo di un giorno ogni mese Lunare
trascorso conduce ad un valore di 367 giorni solari medi per la lunghezza
dell'anno tropico, come si rileva sperimentalmente sulla tavola di Coligny.
L'eccesso di 1.7578 giorni ogni anno doveva essere recuperato al fine di
raggiungere un adeguato grado di accuratezza nel computo solare. L'eccesso
complessivo su cinque anni era circa 9 giorni i quali dovevano essere
recuperati escludendo da computo quinquennale appunto nove unità. I druidi
potevano realizzare questa correzione progressiva stabilendo due giorni
"vuoti", che chiameremo tecnicamente "zeri", nel computo sulle tabelle
intercalari per ogni anno di ciascun quinquennio escluso uno dei due
centrali entro la sequenza trentennale (il terzo oppure il quarto) in cui
solo uno "zero" doveva essere computato. Ragionando per tempi più lunghi
osserviamo che per raggiungere un buon accordo, il computo solare avrebbe
dovuto prevedere l'esclusione di 9 unità per 5 lustri e 8 unità per un
lustro. La minima discrepanza progressiva poteva essere ottenuta
distribuendo uniformemente i lustri da 9 "zeri" (L9) e quello da 8 "zeri"
(L8) secondo una delle due possibili sequenze equivalenti: L9,L9,L8,L9,L9,L9
oppure L9,L9,L9,L8,L9,L9. Praticamente ad ogni mese di calendario trascorso
il druido spostava un piolo indicatore di un posto nella sequenza dei giorni
elencati su una delle due tabelle intercalari. Giunto al mese di CVTIOS,
sesto mese dell'anno, il druido indicava con uno "zero" il sesto giorno del
secondo mese intercalare, che era il primo ad essere usato in quanto pur
iniziando dal mese di SAMON il primo anno partiva in fase con i computi non
avendo ancora accumulato alcun anticipo, rispetto al Sole. Non aveva alcun
senso usare il primo intercalare come correttore per i primi due anni e
mezzo in quanto esso va considerato pertinente al computo relativo al
semilustro precedente (principio di ciclicità del calendario celtico). Per
forza di cose la prima tabella da usare era quella corrispondente al secondo
intercalare cioè quella che risulta inserita sulla tavola di bronzo dopo 2.5
anni Lunari e usata entro lo schema rigido per recuperare periodicamente
l'accordo stagionale dei mesi. Dopo aver computato il primo "zero" al sesto
giorno della prima quindicina del secondo intercalare, il conteggio
continuava durante i successivi mesi e un secondo "zero " era computato in
corrispondenza della fine del mese di CANTLOS segnandolo in corrispondenza
del dodicesimo giorno della prima quindicina. Il processo era ripetuto per
l'anno successivo, in questo caso lo "zero" era computato in corrispondenza
del terzo giorno della seconda quindicina del secondo mese intercalare e
successivamente un altro "zero" al nono giorno dopo ATENOVX. A metà del
terzo anno si completava la tavola relativa al secondo intercalare ponendo
l'unico "zero" richiesto all'ultimo giorno, cioè al quindicesimo dopo
ATENOVX. Il secondo "zero" che avrebbe dovuto essere piazzato al sesto
giorno della tabella successiva, quella relativa al primo intercalare,
veniva omesso in questo lustro e nei lustri 2, 3, 5, 6 che compongono il
Saeculum di trent'anni. Durante il quarto anno il computo proseguiva con due
"zeri", il primo piazzato il giorno XII del primo intercalare e il secondo
il giorno III dopo ATENOVX, sempre di esso. Anche il quinto anno prevede il
computo di due "zeri", il primo dei quali cadrà al nono giorno e il secondo
al quindicesimo, entrambi dopo ATENOVX, concludendo così esattamente anche
la tabella rappresentata dal secondo intercalare. Questa procedura si
ripeteva identica per cinque dei sei lustri che compongono un Saeculum, più
precisamente il primo, il secondo, il terzo, il quinto e il sesto, mentre il
quarto lustro richiedeva il computo di soli otto "zeri" per essere in fase
con il Sole. In questo caso gli "zeri" potevano essere computati nei giorni
VI e XII del secondo intercalare, durante il primo anno, nel giorno III dopo
ATENOVX nel secondo anno, nei giorni XV dopo ATENOVX sempre del secondo
intercalare e VI del primo intercalare nel terzo anno, nel giorno XII della
prima quindicina del primo intercalare solamente nel quarto anno e nel
quinto saranno computati "zeri" i giorni VIIII e XV dopo ATENOVX del primo
intercalare. In questo modo il computo solare si mantiene in ordine con il
Sole entro un errore di 1 giorno, mentre quello Lunare rimane esattamente
fasato con le fasi Lunari. Nell'ambito della "gestione dinamica" é quindi
possibile calcolare la data solare semplicemente conteggiando in più alla
data Lunare i giorni indicati dalla posizione occupata dal piolo sulle
tabelle intercalari diminuiti del numero degli "zeri" computati fino a quel
momento.
La gestione dinamica in regime di intercalazione rigida
Se il calendario era correntemente usato in regime di intercalazione rigida
il computo solare dinamico era ancora più semplice. Infatti ogni 2.5 anni
Lunari veniva recuperato lo scarto progressivo mediante l'inserzione del
mese intercalare in un colpo solo. Questo fatto implicava che il computo
solare venisse notevolmente semplificato in quanto per i calcoli conta
solamente la tabella intercalare correntemente in uso, mente l'altra poteva
essere tranquillamente trascurata in quanto i suoi effetti erano già stati
compensati dalla Lunazione completa inserita rigidamente, al massimo, due
anni e mezzo prima. Questo fatto produce la seguente regola generale valida
per tutti i sei lustri compresi in un Saeculum.
a) Dal mese di SAMON del primo anno fino al mese di CVTIOS del terzo anno,
il computo solare sarà ottenibile dal computo Lunare aggiungendo il numero
del giorno indicato dal piolo sul secondo intercalare corrispondente al
mese in cui é compresa la data Lunare, di cui é richiesto il computo solare
e sottraendo il numero di "zeri" contati sul secondo intercalare fino a
quel giorno.
b) Dal mese di GIAMON del terzo anno fino al mese di CVTIOS del quinto anno,
il computo solare sarà ottenibile dal computo Lunare corrente aggiungendo il
numero del giorno indicato questa volta sul primo intercalare e
corrispondente al mese in cui é compresa la data Lunare, di cui é richiesto
il computo solare e sottraendo il numero di "zeri" contati fino a quel
giorno sul primo intercalare.
L'esistenza di una base lunisolare intercalata rigidamente rendeva ancora
più semplice ed immediata l'applicazione della Gestione Dinamica utile ad
ottenere un computo solare adeguatamente preciso. L'algoritmo era efficiente
per cui era possibile ottenere buone previsioni senza bisogno di compiere
osservazioni astronomiche di controllo anche per lunghi periodi di tempo. Si
può dimostrare che il numero degli "zeri", cioè dei giorni omessi, si riduce
a 34, qualora si consideri l'ipotesi che il mese di Equos, anomalo rispetto
agli altri mesi ANMATV, venisse considerato alternativamente di 30 e 29
giorni in un lustro. La sua peculiarità é proprio quella di essere un mese
da 30 giorni, ma di essere classificato ANMATV sulla tavola di bronzo
quindi potrebbe essere ipotizzato un uso dinamico di Equos al fine di
raggiungere un più soddisfacente accordo con il computo Solare. Questo
potrebbe dimostrare che i Celti si erano accorti dell'oscillazione della
durata dell'anno Lunare e cercarono di ottimizzare il calendario alternando
anni da 354 giorni con anni da 355 giorni in un "saeculum" variando appunto
la lunghezza del mese di Equos durante il secondo e il quarto anno del ciclo
quinquennale. Quello che é codificato sulla tavola di bronzo é probabilmente
l'ultimo stadio dell'evoluzione del calendario gallico, ma il modo con cui
la codifica é stata eseguita implicherebbe che quello di Coligny non sia da
considerarsi come un classico calendario lunisolare rigido, abbastanza
comune nell'antichità mediterranea, ma un approccio originale alla misura
del tempo che i druidi celtici riuscirono a sviluppare grazie alla loro
abilità. In effetti il calendario di Coligny é da intendersi più
propriamente, come un dispositivo analogico atto a calcolare il computo
solare partendo da quello Lunare e un almanacco per almeno due motivi. Prima
cosa i druidi potevano prevedere le fasi Lunari utilizzando la base del
calendario senza intercalari, ma nello stesso tempo potevano anche rendere
conto in maniera accurata dei cicli stagionali in accordo con la posizione
del Sole sulla sfera celeste. In secondo luogo il calendario di Coligny é
assimilabile ad un almanacco perché, sembrerebbero codificate talune
efficaci regole di predizione delle eclissi. L'importanza di questa
interpretazione risiede nel fatto che questo calendario rappresenta il
risultato della ricerca portata avanti dai Celti, per arrivare a scandire il
tempo con i ritmi del cielo, nel modo più accurato possibile. Il punto di
partenza fu probabilmente un calendario arcaico sviluppato grosso modo nel
VI o V secolo a.C. prettamente Lunare di cui sono rimaste alcune tracce,
evolutosi successivamente in un dispositivo in cui era applicata l'intercalazione
rigida e successivamente, con il calendario di Coligny, in un efficace
strumento che permetteva di passare dal computo Lunare a quello solare
mediante semplici calcoli e in cui sono codificate importanti regole legate
al moto di due corpi celesti fondamentali: il Sole e la Luna. Inoltre
l'esigenza di considerare il calendario gallico come qualcosa di più di un
calendario puro e semplice é supportata dal fatto che elementi quali la
lunghezza dei due mesi addizionali e le iscrizioni presenti entro di loro
acquistano con questa interpretazione una dimensione e un significato ben
precisi all'interno di esso.
Le fasi della Luna
Le informazioni che si possono trarre relativamente alle conoscenze
astronomiche dei druidi celti all'analisi di questo calendario non finiscono
però qui. Osservando attentamente le annotazioni in lingua gallica e i
caratteri latini incise sui frammenti trovati a di Coligny, si rileva che
talune di esse si ripetono con una certa regolarità in corrispondenza di
determinate terne di giorni consecutivi. Le terne con annotazione ripetuta,
talvolta sono quaterne cioè le ripetizioni compaiono in quattro giorni
consecutivi, inoltre la loro distribuzione é regolarmente intervallata
attraverso i mesi e gli anni. Ogni singola annotazione si riferisce
generalmente al nome di un mese dell'anno celtico ripetuto più volte, una
volta per ogni giorno appartenente a ciascuna terna (o quaterna). Molto
spesso lo stesso mese viene usato in due terne successive, declinato con
casi diversi. La notevole regolarità nel posizionamento delle terne
suggerirebbe che le annotazioni si potrebbero riferire alla registrazione di
un fenomeno astronomico ripetitivo a corto periodo. Analizzando
separatamente anno per anno é possibile osservare che le annotazioni
ripetute non mantengono sempre la stessa periodicità. Mediante
l'applicazione di determinate procedure, é stato possibile valutare
matematicamente tutte le più importanti periodicità presenti nella sequenza
delle ripetizioni così come sono riportate. Ancora una volta appare chiaro
che questo calendario non doveva probabilmente rappresentare solo uno
strumento di pura e semplice registrazione del tempo, ma la straordinaria
quantità di regole di calcolo e di informazioni in esso codificate ne doveva
fare una sorta di calcolatore analogico utile a prevedere i fenomeni
astronomici Lunari e solari. Considerato che il calendario può essere inteso
come un almanacco, risulta allora chiaro perché accompagnare taluni giorni
con una annotazione. Usualmente i giorni interessati alle terne sono il
settimo, l'ottavo e il nono di ciascuna quindicina di ogni mese più qualche
mese in cui si osservano le terne nei giorni I, II e III della seconda
quindicina, subito dopo ATENOVX, quindi sostanzialmente le terne
identificano le fasi Lunari sizigiali cioè il plenilunio e il novilunio.
Dobbiamo anche riconoscere che i dati e le iscrizioni riportate sulla
versione del calendario ottenuta dopo la ricostruzione potrebbero essere
incompleti a causa del limitato numero di frammenti ritrovati a Coligny;
infatti solo il 48% dell'informazione globale é racchiusa nei frammenti
disponibili. Talune periodicità, non proprio identiche anno per anno,
potrebbero quindi anche essere causate da un'incompleta ricostruzione.
Quello che ci dobbiamo chiedere é come mai fu importante codificare nel
calendario gallico anche le settimane Lunari, o meglio evidenziare con
delle terne di nomi i giorni in cui la Luna era nuova o piena. Questo
suggerirebbe che non solo le fasi di primo e di ultimo quarto erano
importanti, ma anche i pleniluni e i noviluni meritavano attenzione presso
i Celti. Ricordiamo che quando la Luna si trova alle sizigie, se anche il
Sole é sufficientemente prossimo ad uno dei nodi dell'orbita Lunare, allora
si verificheranno le eclissi.
Le Eclissi
L'analisi della struttura del calendario di Coligny suggerisce che esso può
essere considerato come un efficiente strumento di predizione delle eclissi.
I giorni possibili per il verificarsi delle eclissi risultano essere proprio
quelli marcati sul calendario con le terne delle notazioni ripetute. Già
dall'età del Bronzo, come testimonierebbero le orientazioni di molti
monumenti megalitici, chi osservava il cielo aveva imparato ad individuare
mediante allineamenti i punti dell'orizzonte corrispondenti al sorgere e al
tramontare della Luna nei giorni di lunistizio, cioè quando il nostro
satellite raggiunge i valori massimi e minimi della sua latitudine
eclittica, cioè +/- 5.3 gradi rispetto alla traiettoria descritta
annualmente dal Sole. Dobbiamo ricordare, che taluni studiosi sostengono che
già alle popolazioni europee dell'età del Bronzo era probabilmente nota una
regola empirica utile a prevedere le eclissi di Sole e di Luna. La regola,
espressa in linguaggio astronomico moderno, é la seguente.
"Quando la Luna é situata, durante la fase di primo o ultimo quarto, ad una
latitudine eclittica di 5.3 gradi circa, allora un'eclisse dovrebbe
verificarsi entro sette giorni"
Durante un periodo di 346.6 giorni solari medi (anno delle eclissi) il Sole
ripassa due volte allo stesso nodo dell'orbita Lunare. Se in quel momento la
Luna si trova anch'essa in corrispondenza di uno dei due nodi della sua
orbita allora avverrà un'eclisse che potrà essere di Sole, se i due astri si
trovano presso lo stesso nodo e di Luna se i nodi occupati sono opposti.
Durante il periodo di 173.3 giorni, tempo richiesto al Sole per passare da
un nodo all'altro, l'inclinazione dell'orbita Lunare varia di circa 9' in
più e in meno. La fasatura é tale che quando l'inclinazione é massima il
Sole risulta posizionato ad uno dei due nodi, mentre quando l'inclinazione é
minima, il Sole é invece a metà strada tra un nodo e l'altro. Questo fatto
implica che solamente quando l'inclinazione dell'orbita Lunare raggiunge il
suo massimo é possibile un'eclisse, se la fase Lunare é quella favorevole.
La possibilità che un'eclisse si verifichi é caratterizzata quindi da un
periodo di 173.3 giorni solari medi. L'intervallo di tempo che la Luna
impiega a passare dalla massima declinazione alla minima, durante un ciclo
draconitico, é detto "semiperiodo latitudinale". Le eclissi potranno
avvenire solamente ogni qualvolta il numero che indica i semiperiodi
latitudinali trascorsi da un'eclisse precedente sia un numero intero, ma
siccome affinché le eclissi avvengano é richiesto anche la soddisfazione del
vincolo che la Luna si trovi alle sizigie, allora tutti gli intervalli di
tempo che corrispondono ad un numero intero di periodi semilatitudinali e
contemporaneamente ad un numero intero di rivoluzioni sinodiche
rappresentano utili ricorsività per la previsione delle eclissi. La
corrispondenza più breve e immediata é costituita da 6 Lunazioni che sono
pari a circa 13 semiperiodi latitudinali, con un errore di 0.30 giorni,
mentre la più famosa é la corrispondenza tra 223 Lunazioni e 484 semiperiodi
latitudinali che corrisponde al Ciclo di Saros. La Luna per i Celti
rappresentava l'astro fondamentale atto al computo del tempo quindi la sua
osservazione era molto sviluppata, prova ne é la presenza di allineamenti
diretti verso i punti di levata e tramonto della Luna ai lunistizi in vari
santuari dell'età del Ferro oltre che la struttura medesima del calendario
di Coligny. I druidi sapevano certamente che quando la Luna raggiungeva la
sua estrema latitudine eclittica (positiva o negativa) durante il suo ciclo
mensile e la sua fase era contemporaneamente il primo oppure l'ultimo quarto
allora sette giorni dopo era possibile il verificarsi di un'eclisse. La
massima latitudine eclittica corrisponde all'osservare la Luna sorgere e
tramontare in corrispondenza dei suoi punti più lontani sull'orizzonte
locale dal punto di levata del Sole entro la Lunazione in corso. Ci é noto
sia dagli scritti di Plinio il Vecchio, sia sperimentalmente dai frammenti
del Calendario di Coligny, che il primo quarto di Luna corrispondeva al
primo giorno di ogni mese del calendario gallico. L'ultimo quarto
corrispondeva al primo giorno della seconda quindicina dei mesi Lunari
celtici, quindi se il giorno in cui la Luna era stata osservata alla sua
massima distanza dall'eclittica, cadeva il primo o il quindicesimo giorno di
un mese del calendario gallico allora sette giorni dopo i druidi erano in
grado di prevedere con un buon margine di sicurezza un'eclisse di Luna o di
Sole. L'eclisse di Luna era pressoché sicura, ma quella di Sole poteva
avvenire, ma non essere visibile nella località in cui il druida si trovava,
dato che normalmente esse sono visibili solo in ristrette regioni della
superficie terrestre. Il druida però non é detto che avesse una cognizione
sufficientemente accurata di cosa fosse l'eclittica quindi la possibilità di
riconoscere se la Luna era o meno alle distanze estreme da essa non era cosa
facile. Il compito poteva però essere facilitato facendo ricorso
all'esperienza maturata osservando la Luna per lungo tempo. Infatti era
possibile, dopo una certa esperienza osservativa, conoscere alcune stelle la
cui latitudine eclittica durante l'età del Ferro era dell'ordine di
grandezza di +5 o +6 gradi e -5 o -6 gradi. Stelle con questa posizione
potevano servire da efficienti marcatori in quanto il druida poteva aver
imparato che qualora nel primo giorno della prima o della seconda quindicina
di un mese celtico la Luna era posizionata presso queste stelle allora
un'eclisse poteva essere probabile nel giorno centrale della terna
successiva, cioè nei giorni VII, VIII e VIIII oppure VII a, VIII a e VIIII a
(il suffisso "a" accanto al numero che identifica un giorno entro un mese
celtico indica che quel giorno é dopo ATENOVX cioè appartiene alla seconda
quindicina). Alcune stelle utili a questo proposito potevano essere, durante
l'età del Ferro, le seguenti: Eta Psc, Gamma Tau, Aldebaran, Beta Tau,
Lambda Gem, Pi Sco, Tau Sco, Beta Cap, Eta Leo e qualche altra. É ovvio che
queste sono solo condizioni necessarie e non sufficienti alla previsione
delle eclissi, dato che quando si lavora con fenomeni periodici, ma con
periodi non interi, nei calcoli di previsione é necessario tener conto
dell'errore dovuto alle cifre decimali trascurate. I druidi questo
probabilmente lo avevano intuito, quindi molte volte il fenomeno da loro
previsto poteva non succedere del tutto o, quanto meno, non verificarsi nel
giorno stabilito.
Il metodo delle posizioni opposte per le eclissi di Luna
La previsione di un'eclisse di Luna poteva essere eseguita in maniera molto
efficiente applicando il seguente metodo, che chiameremo "delle posizioni
opposte". In primo luogo la data corrente doveva essere il VII, l'VIII o il
VIIII giorno della prima quindicina di un qualsiasi mese del calendario
gallico, in quei giorni la fase Lunare era il plenilunio. Il druido si
poneva in un luogo aperto, piantava un palo nel terreno e attendeva il
tramonto. Quando il Sole era prossimo all'orizzonte astronomico locale
bastava guardare la direzione assunta dalla lunga ombra proiettata sul
terreno dal palo. Poiché il calendario segnava uno dei giorni della prima
"terna", la Luna sarebbe sorta al plenilunio in corrispondenza di un punto
qualsiasi della sua amplitudine ortiva, posto ad oriente lungo l'orizzonte
astronomico locale, ma se la posizione della Luna nascente era allineata
lungo la direzione indicata dall'ombra del palo, allora quella notte
l'eclisse di Luna sarebbe stata fortemente probabile, anzi pressoché sicura.
La ragione di questo fatto é che quando la Luna e il Sole assumono posizioni
opposte sull'orizzonte astronomico locale si verifica che la differenza tra
l'azimut di tramonto del Sole e quello della levata della Luna differiscono
di 180 gradi. Affinché questo avvenga, la Luna deve essere posizionata
sull'eclittica, ma se ciò avviene essa deve essere ad uno dei "nodi" della
sua orbita, ma allora il Sole deve essere posto al "nodo" opposto
realizzando la condizione perché avvenga l'eclisse di Luna. La condizione di
eclisse sarà allora:
(Azimut del Sole che tramonta) = (Azimut della Luna che sorge) + 180 gradi
Appare quindi evidente che il metodo é di una grande semplicità perché
bastava che il druido vedesse sorgere la Luna lungo la direzione indicata
dalla sua stessa ombra, mentre il Sole stava tramontando dalla parte opposta
per poter prevedere l'eclisse di Luna. Questo fenomeno poteva avvenire
solamente durante i giorni VII, l'VIII o VIIII della prima quindicina di un
mese del calendario di Coligny e le condizioni favorevoli si ripetevano
generalmente ad intervalli di 6 Lunazioni esatte, salvo talvolta anticipare
a 5 mesi di calendario.
Le ricorsività per la predizione delle eclissi
I druidi probabilmente non conoscevano ne le cause e forse neppure
l'esistenza dell'oscillazione di 9' di ampiezza dell'inclinazione del piano
orbitale della Luna, ma avevano certamente osservato che le eclissi di Luna
si ripetevano mediamente circa ogni 6 Lunazioni (13 semiperiodi
latitudinali); risulta quindi facile predire l'eclisse successiva per la
terna di giorni centrata nel giorno VIII del mese che cade 6 Lunazioni dopo.
In realtà il meccanismo di previsione delle eclissi di Luna poteva essere
meccanico, sfruttando le particolari caratteristiche del calendario gallico.
Infatti i druidi potevano semplicemente aspettare che durante il settimo,
l'ottavo o il nono giorno della prima quindicina di un mese celtico
qualsiasi avvenisse un'eclisse di Luna. Successivamente l'applicazione della
regola di aggiungere 6 Lunazioni si concretizzava nella previsione
dell'eclisse di Luna per gli stessi giorni VII, VIII o VIIII del sesto mese
successivo nel calendario dell'anno in corso e così via. Il calendario di
Coligny indica quindi che le eclissi di Luna cadevano alternativamente
sempre alle stesse date di calendario Lunare, sempre il giorno VIII della
prima quindicina di due mesi generalmente separati da mezzo anno sinodico
Lunare. Ovviamente esistendo una differenza di 0.3 giorni tra 6 Lunazioni
medie esatte e 13 semiperiodi latitudinali avverrà che ogni tanto l'eclisse
prevista mancherà all'appuntamento, ma si verificherà nei giorni VII, VIII o
VIIII della prima quindicina del mese celtico precedente. Questo fenomeno si
verificherà con periodicità pari a 41, 47 e 53 mesi del calendario gallico,
periodicità che potevano essere note ai druidi senza eccessiva difficoltà.
Un'altro fenomeno é quello della ripetizione di due eclissi di Luna in due
Lunazioni successive. Questo fatto implica che in due mesi consecutivi del
calendario gallico potessero verificarsi due eclissi di Luna separate da una
Lunazione, ma sempre nei giorni VII, VIII oppure VIIII del mese. Questo
fenomeno avviene con periodicità pari a 53, 82 e 135 mesi del calendario
gallico. Nelle iscrizioni che sono riportate accanto ai giorni delle
"terne", il calendario di Coligny elenca la triplice ripetizione del nome
gallico del mese successivo declinato generalmente al genitivo. Questi motti
potrebbero significare che qualora l'eclisse anticipi di un mese,
l'iscrizione ricordi che in realtà quella é l'eclisse prevista per il mese
successivo. Oppure nel caso delle due eclissi consecutive l'iscrizione
potrebbe stare a significare la possibilità della ripetizione del fenomeno
esattamente negli stessi giorni di calendario del mese successivo. I druidi
potevano quindi prevedere agevolmente e con un errore relativamente ridotto
le eclissi di Luna che si verificavano in un dato luogo utilizzando
solamente are o ritardare di un giorno rispetto alla data prevista dai
druidi. Infatti l'aggiunta di sei mesi di calendario per predire un'eclisse
partendo dalla data della precedente implica che a seconda della posizione
del perigeo Lunare l'intervallo tra le due eclissi successive possa variare
di più o meno un giorno rispetto al previsto. Le "terne" che accompagnano
nel calendario gallico i giorni in cui la Luna si trova alle sizigie
testimoniano che i druidi erano consapevoli dell'esistenza di questa
oscillazione, non é detto che sapessero però spiegarla. In più l'esistenza
delle terne é secondo noi un prova che i druidi eseguivano realmente
osservazioni astronomiche della Luna e non solamente calcoli. Il calendario
gallico quindi aveva una base direttamente costruita mediante l'osservazione
visuale del Sole e soprattutto della Luna. La previsione delle eclissi
poteva essere eseguita con successo mediante la ricorsività di 6 mesi di
calendario, ma anche altre ricorsività potevano risultare utili. Infatti
considerando le principali ricorsività tipiche della ciclicità delle eclissi
rileviamo che esistono quattro cicli fondamentali compresi nel calendario
gallico. Il ciclo più lungo é il cosiddetto "Inex" che corrisponde a
358 Lunazioni. Questo ciclo é la somma di altri due cicli fondamentali: il "Tritos"
che comprende 135 Lunazioni e il ben noto "Saros" che vale 223
Lunazioni. L'Exeligmos vale invece 3 cicli di Saros cioè 669 mesi sinodici
Lunari. Il ciclo di 6 Lunazioni, che nel gergo degli studiosi di eclissi va
sotto il nome di "Semester" é anche lui una combinazione degli altri cicli.
Infatti 1 Semester é esattamente la differenza tra 5 Tritos e 3 Saros oppure
5 Inex e 8 Saros oppure ancora 5 Tritos meno un Exeligmos. In realtà il
calendaro celtico ingloba anche altre ricorsività utili alla previsione
delle eclissi. Le ricorsività di 6, 35, 41, 47, 53, 82, 88, 94, 129, 135,
223,...,358,... mesi del calendario erano tutte utili previsori compresi
in un "Saeculum" e forse erano parimenti note ai druidi che se servivano per
il calcolo per lo meno delle eclissi di Luna. Osservando la struttura del
calendario di Coligny ci accorgiamo che il "Saeculum" di Plinio vale
praticamente un intero Inex, quindi la struttura del calendario
gallico sembrerebbe calibrata anche su uno dei cicli fondamentali delle
eclissi. Il lustro di 5 anni Lunari corrisponde anche esso alla combinazione
di due periodi fondamentali, infatti un ciclo quinquennale vale 50 Tritos
meno 30 Saros oppure 50 Inex meno 80 Saros oppure 50 Tritos meno 10
Exeligmos. Riassumendo possiamo affermare che il calendario gallico codifica
i principali cicli delle eclissi in maniera del tutto naturale. Questo
potrebbe dimostrare due cose, la prima é che il calendario gallico era in
grado di permettere la previsione delle eclissi in maniera facile ed
immediata. In secondo luogo il calendario gallico aveva un carattere
perpetuo tanto che può essere usato attualmente, dopo 2500 anni, per gli
stessi scopi per il quale fu messo a punto durante l'età della Ferro. Il
calendario di Coligny pone comunque ancora molti altri interessanti quesiti,
tra questi l'esistenza e il significato dei cosiddetti segni tripli, cioè un
certo numero di segni formati da tre linee verticali di cui una barrata
orizzontalmente e disposti alternativamente in combinazioni differenti.
Attualmente in studio, queste incisioni potranno sicuramente confermare
l'ipotesi che il Calendario di Coligny sia molto di più di un calendario
lunisolare. L'importanza di una rilettura della tavola di bronzo di Coligny
risiede nel fatto che alla luce di questi fatti é richiesta una differente
valutazione delle conoscenze astronomiche e matematiche dei Celti le quali
risultano decisamente ricche e accurate. Dobbiamo comunque ammettere che il
calendario così strutturato doveva essere per forza di cose gestito
esclusivamente dalla classe druidica e dai suoi membri. Inoltre l'algoritmo
base per usarlo é mnemonico quindi non esisteva la necessità di scriverlo,
in accordo con le usanze dei druidi che ritenevano fondamentale tramandare
le conoscenze solo oralmente. Infatti ricordiamo che secondo gli autori
classici l'apprendistato di un giovane candidato druida durava circa 20
anni, cioé quattro cicli completi del calendario quinquennale celtico e
questo può non essere casuale se ricordiamo che questo periodo e
dell'ordine di grandezza della lunghezza di alcuni cicli importanti per la
previsione delle eclissi. Innanzitutto un Ciclo di Saros, lungo 223
Lunazioni (484 semiperiodi latitudinali, vale a dire 18 anni Lunari e 7
mesi), ma anche 229 Lunazioni (19 anni Lunari più un mese) oppure 264
Lunazioni (22 anni Lunari esatti) che seppur meno accurati rappresentavano
dei predittori utili. Così dopo un certo numero di anni l'allievo druida
non solo aveva imparato la sapienza dei padri, ma aveva avuto la
possibilità di osservare tutte le eclissi avvenute entro un intero ciclo in
quel luogo e con questo bagaglio d'esperienza poteva essere in grado di
prevedere con successo quelle che si sarebbero ripetute negli anni
successivi.
Conclusione
L'esistenza di una tavola con codificate anche se non in modo immediato le
conoscenze acquisite dai druidi nel campo della gestione del tempo é
estremamente importante per la comprensione del pensiero e delle attitudini
astronomiche dei Celti. Il fatto che nel secondo secolo dopo Cristo il
calendario fu redatto in forma scritta potrebbe essere il segno che dopo
l'invasione romana la classe druidica si dovette accontentare di pochi
allievi, in quanto la maggioranza della gioventù appartenente
all'aristocrazia preferiva studiare il Latino e il Greco presso i Romani più
che la scienza dei padri. I druidi furono quindi costretti a scrivere ciò
che aveva sempre tramandato oralmente in quanto la complessità del
meccanismo di gestione calendariale era ormai tale da andare oltre le usuali
abilità del clero rurale. Questo fatto può avere spinto alla produzione di
un documento scritto in quanto le regole di calcolo mnemonico che era
necessario conoscere cominciavano ad apparire troppo complicate per essere
agevolmente ricordate ed applicate. Sicuramente il calendario giuliano,
trascurando del tutto la Luna, non risultava gradito ad una cultura per la
quale il nostro satellite aveva sempre rivestito un significato rituale
particolarmente sentito. In più il calendario giuliano si diffonde in Gallia
generalmente solamente dopo il 400 - 500 dopo Cristo di conseguenza il
calendario tradizionale celtico venne utilizzato almeno per altri 200-300
anni dopo la sua redazione in forma scritta. Altri documenti potrebbero
comunque celare ulteriori informazioni relativamente all'abilità di questi
primi scienziati, l'importante sarà che studiandoli dovremo utilizzare
questa nuova chiave di lettura che non sottovaluta le loro capacità
astronomiche e matematiche.
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