ANALISI ASTRONOMICA DELLA
CHIESA
DI S.MARIA E S.GIORGIO A BORDOGNA
Prof. Adriano Gaspani
Veduta di Bordogna anni 40
Introduzione
Le
prime notizie relative alle chiesa di S. Maria e S. Giorgio in località
Bordogna, in Valbrembana (Bergamo) si riferiscono ad una citazione del 1361
circa, data in cui è possibile si riferisca la costruzione del luogo di
culto. Il 24 Aprile 1447, la chiesa risulta essere stata consacrata dal
vescovo Polidoro Foscari sotto il titolo di Santa Maria e San Giorgio,
santo, quest’ultimo, celebrato appunto il 24 Aprile secondo il rito
ambrosiano (23 Aprile, secondo il rito romano). Successivamente il luogo di
culto fu ricostruito e riconsacrato il 23 Luglio 1737. Allo stato attuale
delle conoscenze si ipotizza che la ricostruzione del 1737 non abbia
modificato l’orientazione originale dell’edificio rispetto alle direzioni
astronomiche fondamentali, anche se qualche dubbio potrebbe essere avanzato
come risulterà chiaro più oltre. Durante il medioevo l’edificazione di una
chiesa doveva soggiacere a regole ben precise sia nell’orientazione del suo
asse ingresso-abside che nel periodo in cui il rito di fondazione doveva
essere celebrato. Guido Bonatti da Forli, matematico, astronomo e astrologo
attivo a Parigi durante il XIII secolo, nel suo “Decem continens
tractatus astronomiae”, di cui si dispone di un’edizione pubblicata a
Venezia nel 1506, mette in evidenza che le chiese, essendo centri di potere
divino dovevano essere innalzate secondo scrupolose regole rituali seguendo
il corso dei cieli e che dovevano essere edificate quando si verificano
talune congiunzioni astrali favorevoli. In particolare l’epoca di fondazione
delle chiese era scelta in accordo con la levata all’orizzonte, per la prima
volta durante l’anno, delle stelle della costellazione dell’Ariete, quindi
il periodo scelto era di poco successivo all’equinozio di primavera ed era
in accordo con le regole astronomiche della celebrazione della Pasqua
cristiana. La chiesa di Bordogna rispetta questa regola, infatti Polidoro
Foscari consacra la chiesa in 24 di Aprile dell’anno 1447, nei giorni in cui
Hamal e Sheratan, le stelle più luminose della costellazione dell’Ariete,
erano pressochè in levata eliaca. Quel giorno non era però Pasqua in quanto
la festa cadde, nel 1447, il 9 Aprile del calendario giuliano. La ragione
non era solo mistica, ma rispondeva anche a due esigenze pratiche ben
precise, la prima delle quali era rappresentata dal fatto che quello era il
periodo in cui il gelo e le piogge invernali cessavano ed il terreno
diventava più morbido consentendo agli operai di lavorare agevolmente.
L’altra ragione era quella di avere a disposizione un lungo periodo di
tempo, fino al successivo inverno, per portare a termine i lavori di
edilizia, soprattutto nel caso delle chiese più piccole, quali quella di
Bordogna che potevano essere completate o quasi prima dell’arrivo della
brutta stagione. Talvolta anche l’anno in cui i lavori dovevano iniziare era
scelto con cura in funzione di particolari eventi astronomici favorevoli ai
quali gli astrologi attribuivano grande significato. Nel 1406, Jean Ganivet
scriveva << Si velis aedificare aedificium duraturum, considera in
fundazione stallas fixas in primario et conferas eis planetas benevolos
>> (Jean Ganivet, “Caeli enarrant”, Lione 1406). << Se vuoi edificare
un edificio durevole, nella fondazione osserva primariamente le stelle fisse
e paragona ad esse i pianeti benevoli>> scrive il Ganivet, quindi non solo
la levata eliaca delle stelle dell’Ariete definiva il periodo stagionale più
favorevole, ma le posizioni planetarie, soprattutto quelle di Marte e Giove,
nelle costellazioni zodiacali stabilivano gli anni più favorevoli per
l’edificazione degli edifici sacri, soprattutto quelli di rilevante
importanza. La conseguenza è che nessuno dei luoghi di culto antichi sorse
secondo criteri casuali, ma ciascuno venne edificato seguendo i canoni
costruttivi e soprattutto di orientazione, stabiliti già nelle Costituzioni
Apostoliche redatte nei primi secoli del Cristianesimo, i quali ribadivano
la tradizione diffusa sin dagli albori del Cristianesimo di orientare i
templi o più in generale i luoghi di culto verso la direzione cardinale est
(Versus Solem Orientem) ed in particolare verso il punto di levata
del Sole agli equinozi. Per i Cristiani la salvezza era tradizionalmente
collegata alla generica direzione cardinale orientale; infatti Gesù Cristo
aveva come simbolo il Sole (Sol Justitiae, Sol Invictus, Sol Salutis)
e la direzione est era simbolizzata dalla croce, simbolo della vittoria. Nel
Medioevo le chiese erano progettate, con l’abside orientato ad verso est, la
direzione del sorgere del Sole. L’ingresso principale dei luoghi sacri era
quindi posizionato sul lato occidentale, in modo che i fedeli entrati
nell’edificio camminassero muovendosi verso oriente simboleggiando l’ascesa
di Cristo sulla Croce. La direzione orientale corrisponde a quel segmento di
orizzonte locale in cui i corpi celesti sorgono analogamente, dal punto di
vista simbolico, alla stella della nascita di Cristo, nota come <<la
stella dell’est>>. Le chiese dovevano assolvere agli aspetti puramente
liturgici quindi le istruzioni che venivano date agli architetti in fase di
progettazione si basavano su tutta una serie di indicazioni tratte dalla
simbologia liturgica della religione cristiana. All’architetto era lasciato
il compito di impiegare Matematica, Geometria ed Astronomia al fine di
esprimere simbolicamente la funzione liturgica del culto. Il significato
metaforico era notevole infatti la cupola stava sovente a rappresentare la
volta del cielo, mentre l’altare simboleggiava la cima della croce di
Cristo. L’architetto sfruttava le proprie cognizioni di Astronomia di
posizione per ricavare mediante osservazioni, calcoli e costruzioni
geometriche la direzione di orientazione più opportuna per verificare le
specifiche simboliche richieste dai committenti. L’Astronomia però era solo
un mezzo per esprimere le funzioni liturgiche e simboliche del monumento. Le
ragioni per cui vennero adottati criteri di orientazione astronomici furono
spesso dettate da esigenze mistiche più che reali. Infatti è noto che la
Croce di Cristo fu eretta sul monte Calvario in modo da essere rivolta verso
ovest, quindi i fedeli in adorazione dovevano essere rivolti ad est che per
antica tradizione è la zona della luce e del bene (pars familiaris)
in contrapposizione con la “pars hostilis” che identifica la
direzione occidentale. Per tradizione Cristo salì in cielo ad oriente dei
discepoli e pare che così facessero anche i Martiri. Sempre secondo la
tradizione l’aurora è il simbolo del Sole della Giustizia che si annuncia e
anche il Paradiso Terrestre veniva ritenuto, dai primi Cristiani, essere
genericamente ad oriente. La simbologia solare così direttamente collegata
al Cristo richiedeva quindi un’attenta progettazione dei luoghi di culto e
della loro disposizione rispetto alle direzioni astronomiche fondamentali.
Nelle Costituzioni Apostoliche del IV e V secolo veniva raccomandato ai
fedeli di pregare dirigendosi verso l’est e lo stesso celebrante durante l’”Actio
Liturgica” doveva parimenti essere rivolto in quella direzione. Come
conseguenza di tali prescrizioni, tecnicamente si rese necessario progettare
e costruire le chiese orientate con l’abside verso oriente e la porta
d’ingresso in direzione occidentale rispetto al baricentro della
costruzione. La rigorosità nell’orientazione è un elemento che però andò
decadendo nel tempo, attraverso i secoli. L’analisi dell’orientazione degli
assi dei luoghi di culto presenti sul territorio bergamasco, rispetto alla
direzione del meridiano astronomico locale, ha messo in evidenza una
correlazione tra la data di edificazione della chiesa e l’ampiezza della
distribuzione delle orientazioni rilevate sperimentalmente. Le chiese
costruite prima del 1500 sono caratterizzate da una orientazione molto
accurata, mentre da 1500 in poi, fino al 1700, l’orientazione diviene meno
precisa fino ad arrivare dal 1700 in poi, epoca in cui i luoghi di culto
tendono ad essere orientati in maniera quasi casuale. Questo è evidente
soprattutto nei borghi, mentre le chiese isolate nelle vallate rimangono
ancora abbastanza ben orientate anche nel XVIII secolo. La spiegazione di
questo fatto è abbastanza intuitiva. Prima del 1500 non essendo diffuso in
architettura l’uso della bussola era necessario utilizzare le osservazioni
astronomiche per determinare le linee equinoziale e meridiana.
Successivamente l’uso della bussola produsse chiese orientate secondo la
direzione del punto cardinale Est magnetico che differiva in maniera
variabile nel tempo dall’Est astronomico a causa della declinazione
magnetica locale e della sua variazione; tali discrepanze possono essere
attualmente misurate e i moderni computer consentono di ricostruire le
direzioni astronomiche fondamentali per un certo luogo, nei tempi passati.
La
chiesa
La
chiesa di S. Maria e S. Giorgio a Bordogna rappresenta un caso molto
interessante in quanto l’edificio attuale, di costruzione settecentesca
mostra un’orientazione peculiare che suggerisce tre possibili criteri di
lavoro applicati in fase di edificazione sia della chiesa attuale che di
quella piùantica preesistente. Mediante opportune misurazioni ed opportuni
calcoli, siamo in grado di formulare alcune ipotesi possibili sui criteri
che anticamente furono connessi con l’edificazione del primitivo luogo di
culto. L’orientazione della chiesa di Bordogna, rispetto alla direzione nord
del meridiano astronomico locale, è stata oggetto di una sessione di misura,
condotta il 5 Aprile 2003 da Adriano Gaspani, utilizzando metodi satellitari
GPS uniti al rilievo topografico/astronomico convenzionale. Le coordinate
geografiche del luogo di culto sono:
Latitudine = 45°
57'.0540 N
Longitudine = 09°
43'.2150 E
riferite all’ellissoide geocentrico WGS84 e corrispondenti ad un punto di
riferimento posto a 5 metri rispetto al limite del muro meridionale della
chiesa secondo un azimut pari a 218°,6. La quota del punto rispetto alla
superficie dei riferimento dell’ellissoide geocentrico WGS84 è 665.75 metri,
mentre l’altezza del Geoide è 48.037 metri, calcolato mediante il modello
NIMA-EGM96.
L'orientazione della navata
Esaminando i dati raccolti è stato possibile desumere che l’asse della
navata, nella direzione “ingresso-abside” è caratterizzato da un azimut
astronomico pari a 128°,6 , valutabile con un margine d’errore di circa
0°,5. Il valore misurato è riferito alla direzione settentrionale del
meridiano astronomico locale. L’asse dell’edificio, nella direzione che
parte dalla porta d’ingresso e continua verso l’abside, non rispetta
assolutamente il criterio “Sol Aequinoctialis” generalmente
raccomandato dalla chiesa romana, ma sembra essere maggiormente consistente
con un criterio di orientazione solstiziale poco diffuso e decisamente
osteggiato in ambito romano, come si desume dalle parole di Guglielmo
Dorando da Mende [1], ma abbastanza diffuso in ambito nord-europeo, in
particolare tra il clero monastico irlandese. Bisogna ricordare, a questo
punto un fatto molto importante e cioè che il profilo delle montagne di
sfondo, in direzione sud-est, che materializzano l’orizzonte naturale locale
visibile dietro l’abside della chiesa, è elevato di 23°,2 rispetto alla
linea dell’orizzonte astronomico locale. Questo fatto implica che agli
equinozi il Sole sorga all’orizzonte astronomico locale secondo un azimut
astronomico pari a 90 gradi, ma appaia da dietro le montagne con uno
spostamento verso sud che dipende dalla loro altezza, dalla loro distanza e
dalla latitudine geografica del luogo in cui la chiesa è ubicata [3]. Appare
evidente che se l’orientazione del luogo di culto fu eseguita utilizzando un
criterio “a vista” cioè osservando sperimentalmente il punto di levata
solare dietro le montagne, nel giorno degli equinozi, la direzione dell’asse
della navata della chiesa che ne deriva è consistentemente lontana dalla
direzione della linea equinoziale, cioè la est-ovest astronomica.
Addirittura potremmo rilevare, di primo acchito, un’orientazione solstiziale
invernale laddove invece abbiamo a che fare con un criterio equinoziale
applicato in un luogo in cui l’orizzonte naturale locale risulta essere
consistentemente elevato rispetto alla linea dell’orizzonte astronomico.
Ovviamente, mancando espliciti documenti che stabiliscano quale fu il
criterio effettivamente applicato in origine, ne deriva un’ambiguità nella
identificazione dell’ effettivo criterio di orientazione di un determinato
luogo di culto. Questa situazione è quella che si verifica nel caso della
chiesa parrocchiale di Bordogna, in cui sono ipotizzabili tre distinti
criteri di orientazione e tutti quanti sono in grado di produrre
l’orientazione effettivamente misurata durante i rilievi dell’Aprile 2003.
Prendiamo inizialmente in esame il criterio equinoziale “a vista” che
suggerisce che la procedura di definizione della direzione dell’asse della
navata della costruenda chiesa, sia stato determinato ponendosi, prima
dell’alba, nel luogo prescelto per l’edificazione della costruzione e
determinando mediante l’osservazione diretta, il punto di apparizione del
Sole dietro le montagne che costituiscono l’orizzonte naturale locale. Nel
XIV secolo (1361) l’equinozio di primavera avveniva il 12 Marzo e quello
d’autunno, il 15 Settembre, in quei giorni il Sole levava da dietro le
montagne tra il monte Arera (2512 mt. s.l.m.) e Il Pizzo (2274 mt. s.l.m)
secondo un azimut astronomico pari a 114°,4, ben 14°,2 più a nord rispetto
alla direzione dell’asse della navata della chiesa, che punta esattamente
verso la cima del monte Menna (2300 mt. s.l.m.). A questo punto potrebbe
sembrare che la discrepanza tra la direzione della levata solare teorica e
quella dell’asse della chiesa sia enorme, tanto da indurre a scartare a
priori il criterio equinoziale, invece esiste un dettaglio importante.
Nell’abside della chiesa di Bordogna esiste una sola monofora il cui asse
geometrico è diretto secondo un azimut di 192°,0 rispetto alla direzione
settentrionale del meridiano astronomico locale. Il criterio più probabile
per stabilire dove praticare l’unica monofora presente nell’emiciclo
absidale sembra essere stato quello di orientarla esattamente nella
direzione sud in modo da catturare i raggi solari al mezzogiorno vero e
locale, i quali andavano a cadere sull’altare proprio nel momento in cui il
Sole transitava al meridiano astronomico locale. L’orientazione della
monofora risulta però sbagliata di ben 12 gradi che rappresenta un angolo
dello stesso ordine di grandezza, anzi molto simile, tenendo conto delle
incertezze costruttive delle strutture murarie della chiesa, all’errore di
orientazione dell’asse della navata rispetto alla corretta direzione della
levata solare equinoziale all’orizzonte naturale locale. La consistenza con
il criterio “Sol Aequinoctialis” fortemente raccomandato da Gerberto
d’Aurillac salito al soglio pontificio, nel 999, con il nome di Papa
Silvestro II e ribadito successivamente dal vescovo Guglielmo Dorando da
Mende [1], sarebbe ben rispettata ammettendo che durante la ricostruzione
del 1737 sia stata introdotta una rotazione della struttura, in senso
orario, pari a 13 gradi circa. Rimuovendo questo errore sistematico il
criterio di orientazione romana della precedente struttura risulterebbe
essere stato rispettato accuratamente come si verifica nel caso di
moltissime altre chiese costruite durante il XIV secolo nell’Italia
settentrionale. Esistono però anche altre due possibilità che tengono conto
che Bordogna si trova in Valle Brembana, area geografica in cui è stato
possibile mettere in evidenza l’esistenza di alcune tracce di criteri di
orientazione simili a quelli praticati nell’Europa settentrionale ed in
particolare in ambito irlandese, come accade, ad esempio, nel caso
dell’antica chiesa di S. Brigida nella omonima località della “Squadra di
Mezzo” (Gaspani, 2000). Entrambe le possibilità suggeriscono che
l’orientazione possa essere avvenuta secondo un criterio di tipo solare
solstiziale, orientando l’asse della navata verso il punto occupato dal Sole
all’alba o al tramonto in un giorno di solstizio. Prendiamo per primo in
esame un’altra orientazione “a vista”, ottenuta cioè senza eseguire calcoli
o costruzioni geometriche, ma semplicemente osservando il Sole. Se
osserviamo il panorama dal sagrato della chiesa, in direzione nord-ovest
ponendoci con le spalle appoggiate alla facciata è possibile rilevare che il
profilo delle montagne di sfondo è elevato di alcuni gradi rispetto
all’orizzonte astronomico locale. Nel giorno del solstizio d’estate, cioè il
13 Giugno, secondo il calendario giuliano, che precedentemente alla riforma
operata da papa Gregorio XIII, nel 1582, era comunemente in uso ed era
quello ufficialmente adottato della Chiesa di Roma, anche se verso la fine
del XIV secolo aveva accumulato un errore di 8.5 giorni rispetto alla
corretta datazione astronomica, il Sole tramontava all’orizzonte naturale
locale secondo un azimut molto prossimo alla direzione dell’asse della
navata della chiesa, ma nella direzione “abside-ingresso” (308,6 gradi). Il
criterio di orientazione in questo caso potrebbe essere stato basato sulla
posizione di tramonto del Sole al solstizio d’estate, in modo tale che in
quella sera i raggi solari entrando dalla porta di accesso attraversassero
tutta la navata fino ad illuminare l’altare e l’abside. È curioso rilevare
che a Peveragno, in provincia di Cuneo, esista un’altra chiesa dedicata a S.
Giorgio, orientata in modo che i raggi del Sole che tramonta al solstizio,
in questo caso però d’inverno, penetrino nella chiesa attraverso la porta
d’ingresso e attraversando la navata, illuminino l’altare. Un fatto
interessante che in questo caso l’unica monofora absidale avrebbe ricevuto e
propagato all’interno delle navata, i raggi solari all’alba del giorno
dell’Epifania. Il terzo criterio possibile è rappresentato da
un’orientazione tale per cui l’asse della navata nella direzione
“ingresso-abside” sia allineato verso il punto di levata del Sole
all’orizzonte astronomico locale nel giorno del solstizio d’inverno che
durante il XIV secolo avveniva il 13 Dicembre (giuliano), S. Lucia. In
questo caso però l’orientazione fu calcolata mediante qualche metodo
geometrico, quale ad esempio il “poligono di Dio” (Gaspani, 2000),
senza tenere conto delle effettive condizioni sperimentali di visibilità del
Sole all’orizzonte naturale locale. Questo criterio avrebbe potuto
realizzare una doppia coincidenza con i fenomeni solari solstiziali, la
prima era teorica, cioè la direzione dell’asse della navata nel senso
“ingresso-abside” era in accordo con la posizione di levata del Sole al
solstizio d’inverno, la seconda era direttamente osservabile essendo
rappresentata dalla direzione dell’asse della navata, nel senso
“abside-ingresso” che puntava sul punto dell’orizzonte naturale locale in
cui tramontava il Sole al solstizio d’estate e in più la monofora absidale
avrebbe ricevuto i raggi solari all’alba del giorno dell’Epifania.
Criteri di orientazione astronomica
A
questo punto, al di là di quale criterio di orientazione sia stato quello
effettivamente applicato, appare chiaro che la chiesa parrocchiale di
Bordogna è astronomicamente orientata; dobbiamo ora cercare di ricostruire
quale potrebbe essere stata la metodologia seguita per ottenere
l’orientazione sperimentalmente rilevata, prendendo in esame ciascuno dei
tre possibili criteri, discutendoli e cercando di identificare quale dei tre
possa essere ritenuto maggiormente probabile. In questo caso abbiamo a che
fare con due criteri applicabili “a vista” cioè stabilendo la direzione di
orientazione mediante l’effettiva osservazione del sorgere o del tramontare
del disco solare all’orizzonte naturale locale ed uno puramente geometrico.
In linea di principio sono tutti possibili allo stesso modo, ma eseguiamo
alcuni ragionamenti. L’orientazione equinoziale a vista richiede la
conoscenza del giorno di calendario in cui avviene l’equinozio di
riferimento, generalmente quello di primavera, in modo da recarsi all’alba
di quel preciso giorno sul luogo prescelto per l’edificazione ed osservare
il Sole che sorge. Durante il XIV secolo, il transito del Sole all’equatore
celeste, cioè il suo passaggio al nodo ascendente (punto Gamma), che indica
l’equinozio di primavera, avveniva il 12 Marzo del calendario giuliano, ma
la data ufficiale riportata sugli almanacchi dell’epoca era comunque il 21
Marzo. L’osservazione del Sole equinoziale a vista doveva essere quindi
compiuta all’alba del 21 Marzo, ma quel giorno la declinazione solare aveva
già raggiunto i 2,8 gradi, che alla latitudine di Bordogna implicavano che
l’astro diurno sorgesse dietro le montagne di sfondo in una direzione
caratterizzata da un azimut astronomico pari a 109°,8, 18°,8 più a nord
rispetto alla direzione sperimentalmente misurata per l’orientazione
dell’asse “ingresso-abside” della navata della chiesa. La discrepanza
angolare è molto elevata e comunque non è più tale da rimanere in accordo
con l’orientazione meridiana dell’asse della monofora absidale anche
ammettendo una rotazione in senso orario di tutta la struttura avvenuta in
occasione della ricostruzione settecentesca. Rimane però la possibilità di
ipotizzare l’applicazione di un metodo astronomico per stimare in maniera
efficace la data dell’equinozio di primavera senza ricorrere alla
consultazione dell’almanacco. Per fare questo, verso la fine del XIV secolo,
erano possibili due vie: la prima era quella di determinare la data di
equinozio sulla base dell’uso di una meridiana o di un quadrante solare su
cui fosse stata tracciata almeno la linea equinoziale, la quale viene
percorsa linearmente dalla punta dell’ombra dello gnomone solamente, con il
passare delle ore, durante le giornate degli equinozi. La seconda
possibilità era quella di avere a disposizione le date vere di due solstizi
consecutivi, quello d’inverno e quello d’estate, ottenute osservando le
massime digressioni del punto di tramonto, in questo caso, del Sole
all’orizzonte locale e scegliendo come approssimazione della data
equinoziale il giorno medio equidistante dalle date dei due solstizi. Nel
primo caso, quello di consultazione di un quadrante solare, la data
equinoziale vera era valutabile abbastanza accuratamente, diciamo entro un
giorno di errore. Se invece di un quadrante solare fisso e presente nei
dintorni della chiesa fosse stato usato il metodo dell’Analemma descritto da
Vitruvio nel libro IX del “De Architettura” allora la determinazione
del giorno equinoziale poteva essere eseguita anche localmente avendo cura
di piantare un bastone verticale (gnomone) nel terreno ed attendere il
giorno in cui la lunghezza dell’ombra più corta, proiettata sul terreno al
mezzogiorno vero e locale, era pari alla lunghezza dello gnomone verticale
[2]. Anche in questo caso l’errore commesso poteva essere pari al ritardo di
1 giorno rispetto alla vera data astronomica dell’equinozio di primavera. Il
metodo di considerare il giorno medio tra i due solstizi consecutivi ai fini
della stima della data equinoziale primaverile funziona abbastanza bene,
infatti verso la fine del XIV secolo, il solstizio d’estate avveniva 182
giorni dopo quello d’inverno, quindi bastava contare 91 giorni dopo la data
del solstizio d’inverno per ottenere una stima, errata al massimo di 1 o 2
giorni (anche questa volta in più), dell’equinozio di primavera che
diventava quindi il 12 Marzo oppure il 11 Marzo se l’anno era bisestile. A
meno dell’applicazione di qualche tecnica atta a stimare sperimentalmente la
data di equinozio, l’orientazione equinoziale “a vista” dovrebbe essere
scartata in favore di una delle due orientazioni solstiziali rimanenti.
Completamente da escludere l’ipotesi che la chiesa fosse stata orientata
verso il Sole nascente all’alba della domenica di Pasqua. Prendiamo ora in
esame la seconda orientazione “a vista”, quella che prevede che l’asse
abside-ingresso fosse stato allineato verso la direzione di tramonto del
Sole al solstizio estivo all’orizzonte naturale locale; anche questa,
formalmente, richiede la conoscenza della data di solstizio che sugli
almanacchi e i lunari era fissata al 21 Giugno, mentre il solstizio vero
astronomico era avvenuto durante la giornata del 13 Giugno precedente. Di
fatto però contrariamente a quanto avviene nel caso degli equinozi, i
solstizi sono sperimentalmente determinabili perchè corrispondono al massimo
spostamento, a nord o a sud, del punto di levata o di tramonto del Sole
all’orizzonte, quindi basta osservare all’alba o al tramonto quotidianamente
per alcuni giorni in Dicembre ed in Giugno per rendersi conto della
posizione del punto di massima disgressione settentrionale o meridionale
solare, indipendentemente dal calendario e dall’almanacco e, verso una di
quelle direzioni, orientare la costruenda chiesa. Nel caso di Bordogna
l’osservazione della levata solare solstiziale invernale è preclusa dalle
montagne che si elevano, come abbiamo visto, per oltre 23 gradi rispetto
alla linea dell’orizzonte astronomico locale. Al solstizio invernale la
declinazione del Sole raggiungeva nel XIV secolo un valore pari a 23°,52 al
di sotto dell’equatore celeste e quindi alla latitudine di Bordogna
(45°,095) l’altezza massima raggiunta dal Sole a mezzogiorno, rispetto alla
linea dell’orizzonte astronomico, era pari a 21°,6 circa, che è meno
dell’altezza apparente dell’orizzonte naturale locale (23,2 gradi) rispetto
a quello astronomico, per cui al solstizio d’inverno il Sole non era in
grado, nel suo moto apparente, di superare le montagne e quindi poteva
essere visto solo nel tardo pomeriggio quando sbucava dal versante della
montagna per avviarsi al tramonto in direzione della valle. Non era quindi
tecnicamente possibile osservare la levata solstiziale invernale e quindi
allineare la direzione dell’asse, nel senso ingresso--abside, verso quel
punto, mentre era possibile, e anche molto agevole, allinearlo nella
direzione opposta verso uno dei due punti solstiziali solari di tramonto
all’orizzonte naturale occidentale. Il terzo criterio invece potrebbe essere
stato basato su una procedura esclusivamente geometrica che prevedeva la
determinazione delle linee equinoziale e meridiana sul terreno e
successivamente il calcolo della direzione del tramonto solstiziale estivo e
quella della levata solstiziale invernale che a livello dell’orizzonte
astronomico locale sono allineate e simmetriche, mediante una procedura
come, ad esempio, quella che utilizza le peculiari proprietà del decagono
regolare inscritto nella circonferenza (il “Poligono di Dio”)
(Gaspani, 2000). Le metodologie di orientazione più moderne disponibili
durante il periodo in cui si colloca cronologicamente la chiesa antica di
Bordogna erano quanto riportato nel “De Geometria” di Gerberto d’Aurillac,
nel “De Architettura” di Vitruvio o nel “De limiti bus
constituendi” di Igino il Gromatico o addirittura nella “Naturalis
Historia” di Plinio il Vecchio e le necessarie conoscenze astronomiche
erano per lo più bagaglio culturale degli esponenti del clero secolare e
monastico.
Configurazioni planetarie
Le
affermazioni di Jean Ganivet nel suo “Caeli enarrant”, (Lione 1406)
relativamente alla necessità di fondare un luogo di culto in un periodo
astrologicamente favorevole, sulla base della visibilità dei pianeti nel
cielo, potrebbe trovare riscontro nel caso della chiesa di Bordogna, in
quanto nel 1361, avvenne una congiunzione planetaria in cui furono coinvolti
Saturno, Marte, Venere e Mercurio. Alla data del solstizio d’estate appena
dopo il tramonto del Sole, che avvenne lungo l’asse della navata, furono
visibili i 4 pianeti tutti allineati lungo l’eclittica, nelle costellazioni
del Leone e del Cancro. In particolare Saturno, Marte e Venere erano
visibili nel Leone, Marte presso la stella di prima grandezza Regolo, mentre
Mercurio era visibile più basso sull’orizzonte, nella costellazione del
Cancro. Curiosamente anche Plutone era nei pressi dei tre pieneti nel Leone,
ma Plutone e troppo poco luminoso per essere visibile ad occhio nudo. Dopo
il tramonto del Sole, dietro le alture della Valbrembana, ponendosi con le
spalle alla facciata della chiesa, si videro tramontare, uno dopo l’altro,
Mercurio, poi Venere, Marte ed infine Saturno, Grosso modo nella posizione
in cui era orientato l’asse della navata della chiesa nella direzione
abside-ingresso. Sempre nel 1361, avvenne anche un’altra interessante
configurazione planetaria degna di nota. Durante la seconda decade di
Novembre di quell’anno, fu possibile osservare i pianeti Saturno, Venere e
Mercurio, sorgere all’alba, poco prima del Sole, uno dopo l’altro, in
sequenza, all’orizzonte naturale locale, quindi dietro le montagne, proprio
lungo la direzione dell’asse della navata della chiesa, nel senso
“ingresso-abside”. È molto interessante rilevare che nel 1361 sono stati
visibili due configurazioni planetarie che potrebbero essere state ritenute
favorevoli nel senso descritto dal Ganivet, dal punto di vista dei criteri
astrologici relativi alla fondazione di un luogo di culto cristiano.
Considerato che la configurazione più spettacolare fu visibile, a Bordogna,
in occasione del solstizio estivo e considerata anche la direzione di
orientazione dell’asse della navata, potrebbe essere ragionevolmente
ipotizzabile che la fondazione dell’antico edificio possa essere avvenuto in
quel giorno, o nei giorni strettamente vicini al solstizio d’estate del
1361.
Note
[1]
Guglielmo Dorando da Mende: <<...Debet quoque (ecclesia) sic fundari, ut
caput inspiciat versus Orientem... videlicet versum ortum solis, ad
denotandum, quod ecclesia quae in terris militat, temperare se debet
aequanimiter in prosperis, et in adversis; et not versus solstitialem, ut
faciunt quidam>>,
[2]
Marco Vitruvio Pollione nel libro IX del “De Architettura” afferma
che la lunghezza dell’ombra equinoziale dello gnomone a mezzogiorno deve
essere pari a 9/8 della lunghezza lineare dello gnomone. Dal punto di vista
tecnico questo si traduce matematicamente con: tan(90°-j) =
m/n dove "m" e "n" sono due numeri interi ed "j" e la latitudine
geografica del luogo in cui è posto lo gnomone verticale. Nel caso di Roma,
j = 41° 55' quindi tan(90°-j)=1.11 che è molto vicino a
9/8. Ad una latitudine pari a quella della chiesa di S. Maria e S. Giorgio a
Bordogna cioè a j = 45° 57' si ha tan(90°-j)=0.9966,
quindi a mezzogiorno vero e locale di un giorno di equinozio uno gnomone
lungo 1 metro proietta un'ombra lunga circa 99.7 cm, quindi scegliendo il
giorno in cui l'ombra al mezzogiorno era lunga quanto lo gnomone, si
commetteva un errore inferiore ad 1 giorno rispetto alla data dell'equinozio
vero (in più nel caso della stima della data di equinozio di primavera e in
meno se era richiesta la data dell'equinozio di autunno).
[3]
L’incremento DAz dell’azimut astronomico di levata del Sole,
provocato dalla differenza di altezza ho dell’orizzonte naturale
locale rispetto a quello astronomico, può essere calcolato con la formula: DAz
= ho sin(Az) tan(j) in cui j è la latitudine geografica del luogo
di osservazione. Al sorgere del Sole DAz deve essere aggiunto
all’azimut di levata all’orizzonte astronomico locale in quanto la levata è
ritardata, mentre al tramonto, il Sole anticipa la sua sparizione dietro
l’orizzonte e DAz deve essere sottratto all’azimut di tramonto
alla linea dell’orizzonte astronomico locale.
Bibliografia
A. Gaspani, 1998, "L'Orientazione Astronomica dei Luoghi di Culto in Alta
Valle Brembana", la Rivista di Bergamo, No.15, Ottobre-Novembre- Dicembre
1998.
A. Gaspani, 2000,
"GEOMETRIA E ASTRONOMIA NELLE ANTICHE CHIESE ALPINE", Collana Quaderni di
Cultura Alpina, No.71, Priuli e Verlucca Editori (Ivrea). Vitruvio, "De
Architettura", I,6,6.
Gerberto D'Aurillac
"De Geometria". G. Romano, 1992, "ARCHEOASTRONOMIA ITALIANA" ed. CLEUP,
Padova.
|