La
Casciàda
Luogo: Monte Marenzo & Torre de' Busi
Analogie: La Caccia Selvaggia si registra in tutta la Padania e nel
continente Europeo
Narratore:
Mirko Trabucchi
Franz von Stuck - La Caccia selvaggia (1889)
In
Bergamasca il mito e la leggenda della Caccia Selvaggia è conosciuta
principalmente con gli appellativi di Cassa Mórta o Casciamórta in Val
Seriana e Cassa del Diaòl in Val Brembana.
La leggenda ricalca un mito Indoeuropeo ancestrale diffuso in tutta Europa,
rintracciabile nella Caccia di Wotan (ossia Odino il dio della guerra del
mondo Germanico e Scandinavo), a cui successivamente sono stati fatti
confluire una serie di esseri soprannaturali quali: fate, elfi, spettri,
demoni, strani animali, cani infernali, streghe ecc…. a volte è condotta da
un antico re che ha infranto un dogma della chiesa per il suo amore per la
caccia, come Teodorico da Verona oppure Re Artù.
In Bergamasca il mito assume caratteristiche prettamente diaboliche. Il
magico e chiassoso corteo notturno si compone principalmente delle anime dei
cacciatori dannati che hanno trasgredito il divieto di caccia domenicale, in
quanto giorno sacro del Signore. Le loro anime sono così condannate per
l’eternità a seguire il Diavolo in persona, con una moltitudine di cani neri
infernali, in una forsennata battuta di caccia all’inseguimento di prede
invisibili.
Disturbare la caccia o trovarsi sul suo percorso era una cosa molto
pericolosa. Il più delle volte chi la provoca o disturba gli fa trovare
degli arti umani infissi sulla loro porta di casa. Quella carne maledetta e
soprannaturale va riconsegnata la sera successiva al macabro corteo
rispettando particolari rituali suggeriti da un sacerdote.
A Torre de’ Busi questo mito è chiamato la “Casciàda”, ossia la grande
Cacciata ed è presieduto da una muta di cani neri infernali con gli occhi
color brace. La leggenda racconta che sovente nel cuore della notte si udiva
l’abbaiare furioso di una muta di cani selvaggi in discesa dalle pendici del
monte Santa Margherita, e seguendo il corso del torrente Bisone a tutta
velocità, si disperdeva in prossimità della affluenza del torrente con il
fiume Adda.
Intralciare o disturbare la Casciàda era un affronto molto grave, avrebbe
portato al malcapitato gravi disgrazie e terribili maledizioni. Per
salvargli l’anima era necessario l’intervento di un sacerdote esorcista,
sempre se fosse riuscito a sopravvivere alla maledetta visione, in quanto molti
morirono per lo spavento e vennero ritrovati come pietrificati con gli occhi
spalancati ed i capelli bianchi.
Se vi trovate da quelle parti la notte e udite la discesa della Casciàda
prestate la massima attenzione, segnatevi e cercate un rifugio sicuro.
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