Ol
Purtù del DiAol
Luogo: Celadina (Bergamo)
Analogie: Manufatti eseguiti dal Diavolo si registrano in tutta la Padania e nel continente Europeo,
A Sarnico e a Ponteoglio (BS) si registrano dei Purtù del Diaol
Narratore:
Mirko Trabucchi

Una vista attuale del "Portone del Diavolo"
Percorrendo la strada che dal quartiere cittadino di Borgo Palazzo conduce
verso Seriate si incontra una località molto nota ai bergamaschi: la
Celadina. Molti di voi conosceranno questa zona perché ad agosto si tiene
l’annuale parco di divertimenti in onore del patrono di Bergamo
Sant’Alessandro.
Quel piazzale è osservato da un solitario e antico portone in pietra di
Zandobbio, il cosiddetto “Purtù del Diaol” (il Portone del Diavolo).
Il singolare manufatto non si trovava dove è posto oggi, ma è stato spostato
in epoche più recenti per fini viabilistici. Esso era l’ingresso di una
proprietà
molto vasta, circa cinquecento pertiche di terreno, in gran parte boschivo,
che lungo il suo interminabile vialone conduceva alla
villa di campagna dei De’ Tassis, o meglio conosciuti: Tasso, il nobile
casato del celebre letterato Torquato.

Il poeta Torquato Tasso
A corredo della tenuta vi erano inoltre due cascine abitate da contadini che
lavoravano alle dipendenze della famiglia: la “Daste” e la “Spalenga”,
tutt’oggi esistenti e ristrutturate.
Quella dimora fu eretta attorno al 1550 per volontà di
Giovanni Giacomo Tasso, prozio del poeta, nobile e canonico, che si spegnerà
pochi anni dopo la sua edificazione nel 1556. L’edificio
era chiamato più comunemente la Villa della Celladina
o Serandina,
e come è emerso da studi recenti, vi risiederà anche il poeta in una delle
sue peregrinazioni.

La Villa Tasso come appariva un tempo
Giovanni Giacomo Tasso era una figura ben nota ai Bergamaschi, infatti fondò
nel 1500 una compagnia religiosa a Roma. In quel periodo i Bergamaschi
presenti in quella città erano molto numerosi, alcuni di loro si ritrovavano
a pregare nella chiesa dedicata a San Bartolomeo, situata nella zona dove
oggi sorge Palazzo Chigi. Da quel raduno spontaneo il canonico fonderà la
"Venerabile Arciconfraternita dei Santi Bartolomeo e Alessandro della
Nazione Bergamasca” che diverrà l’odierna “Arciconfraternita dei Bergamaschi
in Roma”
La Villa Tasso fu rimaneggiata successivamente nell’ottocento con l’aggiunta
delle scuderie destinate a cavalli da corsa, e dopo la seconda guerra
mondiale, in seguito alle prime lottizzazioni dei terreni, lo scenario
originario scomparì definitivamente.
Oggi quell’edificio è rimasto pressoché intatto ed è stato recuperato e
adibito a ristorante, si trova infatti lungo la via Celadina di fronte
all’odierno Piazzale Alpi Orobiche. Sulla sua facciata capeggiano ancora gli
stemmi araldici affrescati dei Tasso ed accanto vi è ancora la cappella di
famiglia dedicata a Sant’Antonio da Padova e la Beata Vergine del Rosario.

Lo stemma della famiglia dei Tasso dipinto sulla facciata
della villa
Tornando al poderoso manufatto, sulla sua sommità fu posto lo stemma della
famiglia, che nel tempo fu scalpellato e l’epigrafe sull’architrave “Io
Iacobus Tassus Com Et Eq”ossia
che Giacomo Tasso ne fu il committente e
un’altra l’epigrafe corrosa dal tempo “Sandro da Sanga, fator a fato questa,
strada e fato, costrur questa porta.”, ossia che l’Architetto Sanga ne
costruì la strada e la porta.
Attorno a quel poderoso ingresso si narra una leggenda già riportata da
Carlo Traini nel suo “Leggende Bergamasche”, che asserisce di aver tratto
dalla narrazione di Carlo Rosa su la “Rivista di Bergamo” del 1931 e
riportata da Luigi Volpi, nella quale si narra che a edificare la porta fu
il Diavolo in persona in una sola notte.
Secondo la tradizione i fatti andarono più o meno così:
Una sera
l’architetto Sanga, ebbe l’ennesimo incontro con i Conti per valutare i
progetti e le soluzioni per la costruzione della porta d’ingresso alla villa
onore dell’imminente rientro dal viaggio di nozze del nobile Giovanni
Galeazzo Tasso.
Terminato
l’incontro uscì dalla villa. Stanco delle ripetute esigenze e
dell’insoddisfazione perenne dei nobili Tasso, nel suo lamentarsi tra sé e
sé ad alta voce, si lasciò scappare l’esclamazione “Gnà ol Diaol al ghe
rières a fala sö!”.
La frase venne
interpretata da Messer Berlicche come un’invocazione. Il Demonio, sempre
pronto a concludere qualche buon affare, comparì nella penombra della sera
appoggiato al muro della villa innanzi all’esterrefatto e terrorizzato
architetto.
“Ghe pènse
me!” esclamò il Diavolo! Quali furono i termini dell’oscuro patto a nessun
vi è stato dato modo di saperlo… fatto sta che quella stessa notte in fretta
e furia il Diavolo diede prova delle proprie abilità di costruttore e
realizzò la porta.
L’indomani i
nobili e la popolazione si ritrovarono esterrefatti l’opera in fondo al
viale. Ma la loro insoddisfazione era ancora tale che ritornarono a
lamentarsi dal povero Sanga. L’architetto stanco delle continue richieste e
forse deciso a concludere i lavori una volta per tutte richiamò il suo
“capomastro infernale” a rifare l’opera.
Quella stessa
notte, tra il bagliore dei fulmini ed una pioggia torrenziale il Diavolo
demolì e ricostruì la porta come oggi la vediamo, il giorno seguente i Tasso
increduli ma soddisfatti approvarono e promossero il manufatto.
Chissà se il
demonio abbia preteso l’anima del primo che l’ha oltrepassata…?
Da allora il
Diavolo lasciò la sua traccia indelebile attorno a quell’opera: si narra che
prima di ogni temporale o se laggiù, in fondo a quel vialone, in Villa Tasso
vi sia lite in famiglia, attorno al portone si senta un forte odore di
zolfo, segno inequivocabile del Maligno. Inoltre in quel luogo avvennero
lugubri malefatte come attestava la marchesa sul quotidiano cittadino nel
1954
Ma a questo
punto mi vien da pensare... ma quando fu spostata per fini viabilistici che
gliel’abbiano fatta spostare amò al Diaol??? Mai cuntecc stì
bergamasch!!!

Il Portone del Diavolo negli anni 50
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