LA MUSICA POPOLARE E' CULTURA E
IDENTITA'
di Piergiorgio Mazzocchi - Tratto
da "La
Padania" 5 marzo 1999

Suonatore di Piva
Il
Natale è passato da poco, e abbiamo ancora nella mente gli abeti, i
presepi, le nenie melanconiche e, soprattutto nelle grandi città, le
figure degli zampognari che con i loro strumenti contribuiscono a creare
l’atmosfera natalizia. Questi suonatori vengono dal Molise; lo strumento
che suonano è la zampogna, costituita da un otre e diverse canne di
legno, tre bordoni e due canne; la destra e la sinistra per la melodia,
accompagnata da un altro strumento: il piffero o ciaramella. Anticamente
questi strumenti erano usati in tutta Europa, essendo praticamente gli
unici che avevano una potenza di suono tale da essere sentiti anche
all’aperto, soprattutto nei momenti di aggregazione. Numerosissimi sono
i modelli, ma non tutti purtroppo sono sopravvissuti: delle cornamuse
tedesche, ad esempio, abbiamo soltanto incisioni o quadri, di quelle
francesi se ne sono salvate circa una decina di modelli a seconda delle
regioni, ciascuno con delle caratteristiche tali da differenziarlo e
renderlo identificabile a prima vista.
Tutti
appartengono alla famiglia degli aerofoni (strumenti che suonano al
vibrare di una lamella di canna chiamata ancia, con o senza riserva per
l’aria) e hanno caratteristiche particolari dovute alle esigenze
musicali dei popoli che li hanno usati. Si tratta quindi di qualche decina
di strumenti diversi sparsi in tutta Europa, dalla Sicilia alla Svezia,
dall’Estonia alla Galizia (Spagna nord-occidentale), alla Russia
caucasica, e naturalmente in ogni regione ha un nome locale.
Difficile è
stabilire la differenza tra il termine cornamusa e zampogna.
A parte il
significato oscuro e incerto dal punto di vista etimologico, la prima
prevale nelle zone mediterranee: zampogna nell’Italia
centro-meridionale, cimpoi, skorzampouno, zambouna in Grecia, Romania e
Croazia, tschiboni nel Caucaso, zampona nelle Baleari. Dalla
Padania in su prevale invece l’uso del termine musa o piva: nella zona
delle quattro province (Piacenza, Alessandria, Pavia, Genova) esiste uno
strumento chiamato appunto musa; nell’Appennino modenese c’è la piva,
nelle prealpi orobiche ilbaghet o piabaghet, in Francia si chiama musette,
cabrette, biniou, cornamuse bourbonnese, in Spagna gaita, in Scozia
bagpipe, in Irlanda uillean pipe, in Inghilterra northumbrian pipe, in
Svezia sakpipa, in Germania dudelsak. La differenza sta anche nella
struttura dello strumento stesso: quello mediterranea di solito è uno
strumento d’accompagnamento che viene in molti casi suonato con due
canne della melodia, una con la mano destra e una con la sinistra, un
po’ come per la fisarmonica, dove la destra esegue la melodia e la
sinistra l'accompagnamento.

Scozia e Cornamusa
La stessa cosa succede con il pianoforte e gli altri strumenti a tastiera.
Ecco perché la zampogna non suona mai da sola (fatta eccezione per la
surdulina in Calabria e Lucania, una piccola zampogna usata soprattutto
nelle aree di cultura albanese): non si possono infatti ottenere più di
quattro o cinque note da una canna e si ha quindi bisogno del piffero per
eseguire una suonata con almeno otto note, vale a dire la scala maggiore.
Invece, per le cornamuse che hanno una sola canna della melodia e quindi
richiedono due mani sul pezzo, si può eseguire una scala maggiore, cioè
una suonata completa (monfrina, valzer giga, polka, scottish..) anche da
soli. Trattandosi di strumenti ad uso soprattutto popolare, essi non
offrono grandissime possibilità dal punto di vista esecutivo, ma sono
comunque sufficienti a soddisfare l’esigenza del popolo di ballare o
accompagnare cortei e feste. Ci sono stati tuttavia dei momenti in cui
questi strumenti sono diventati "strumenti di corte": questo
accade soprattutto in Francia dove la musette divenne strumento colto
tanto da essere suonata dallo stesso Luigi XIV e da essere oggetto di
insegnamento da parte di musicisti famosi che oltre ad insegnare
scrivevano pezzi per questi strumenti. Le tracce di questo passato
glorioso le possiamo trovare ancora oggi in alcuni aerofoni, come ad
esempio la uillean pipe irlandese, alla quale, oltre ai numerosi bordoni,
sono state aggiunte le chiavi (di tipo simile a quelle dei clarinetti e
sassofoni) e anziché insufflare l’aria con la bocca, il sacco viene
riempito con un soffietto messo sotto l’ascella e azionato ritmicamente
in modo da poter mantenere costante la pressione dell’aria sulle ance.
Tra le cornamuse, quella irlandese è senz’altro la più sofisticata e
quindi ha le maggiori possibilità esecutive, mentre la più potente è la
bagpipe scozzese. Infatti fu adattata per poter essere suonata nei grandi
spazi aperti e anche in guerra.
Con tutta probabilità questi strumenti
derivano da modelli che circolavano in tutta Europa, originariamente
simili e standardizzati, senza avere dei limiti dovuti ad appartenenze
etniche o geografiche diverse, e portati nelle varie regioni da quelle
categorie migranti molto comuni nel Medioevo, come pellegrini, compagnie
di teatranti e menestrelli, monaci e costruttori di cattedrali: persone
che giravano di città in città e che a quei tempi erano l’unico mezzo
di collegamento di quella cultura che è la matrice dell’attuale civiltà
europea. In seguito, questi strumenti cominciarono a differenziarsi e ad
assumere caratteristiche differenti in base alle zone dove si erano
"fossilizzati".

L’adattamento ai gusti e alle esigenze
musicali locali, oltre alla reperibilità o meno dei materiali per la loro
costruzione, ha fatto il resto e in questo modo si è giunti alla
diversificazione dei modelli. Questo fino alla fine del 1800, quando, con
l’invenzione della fisarmonica - strumento più facile anche dal punto
di vista della stabilità in intonazione - cominciò il declino delle
zampogne e delle cornamuse. Negli ultimi vent’anni, grazie al rinascere
dell’interesse per le musiche etniche, c’è stato un rifiorire di
questi strumenti dovuto anche al fatto che alcuni popoli li hanno presi
come motivo di identificazione e rivendicazione di quell’"orgoglio
etnico" che sempre più si va affermando.
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