LE LUMERE ANTICO SEGNO DI CELTISMO
PADANO
di Gilberto Oneto - Tratto da
Quaderni
Padani Anno V, N. 21 - Gennaio-Febbraio 1999
Il re delle zucche
Sul
Corriere della Sera del 2 novembre 1998 era stato pubblicato con grande
rilievo un editoriale di Ernesto Galli della Loggia titolato “Feste,
fantasmi e zucche vuote”. L’illustre giornalista esordiva con un
accorato interrogativo patriottico: “Perché degli italiani, giovani ma
anche meno giovani, decidono a un tratto di mettersi a festeggiare
Halloween sì che improvvisamente non solo le città ma anche i borghi più
riparati della Penisola (ne sono stato testimone diretto) si riempiono
improvvisamente di zucche, di streghe e di folletti? Perché degli
italiani, giovani ma anche meno giovani,
che probabilmente neppure si ricordano più di che cosa sia la
Befana e che
ancora più
probabilmente
non hanno mai saputo cosa siano i fuochi di San Giovanni, decidono invece
che fa proprio al caso loro una festa celtica importata dagli irlandesi
negli Stati Uniti? Perché tutto ciò che non si presenta con connotati
italiani può, in Italia, contare sempre su un’attenzione immediata e
spesso su un successo travolgente?”(1)
Proseguiva
poi sullo stesso tono di dramma nazionale lamentandosi che una festa come
Halloween (pericolosamente straniera nel nome e nel significato) possa
rischiare di soppiantare ricorrenze più banali ma sicuramente più
patriottiche. Queste preoccupazioni tricolori assillano da un po’ di
tempo il Galli della Loggia che sembra avere preso molto a cuore i sacri
destini della patria, al punto di essersi gettato nella spericolata
avventura di dirigere per la casa editrice bolognese de Il Mulino una
collana editoriale chiamata con spavalda originalità “L’identità
italiana”. Nella fondamentale opera sono già comparsi illuminanti saggi
sull’Altare della Patria, su Amedeo Nazzari, su Coppi e Bartali, e su
“La pasta e la pizza”. Sono poi annunciati con una certa enfasi titoli
come: “Mina”, “L’autostrada del sole” e - naturalmente -“La
mamma”. In perfetta coerenza con questo profluvio di languore
patriottico italiano, il Galli della Loggia (che porta nel suo stesso
cognome tutta la sofferenza dell’intellettuale impegnato nel tenere
insieme una improbabile e artificiale identità nazionale, sempre in
bilico fra pericoli celtisti e sicurezze massoniche) non poteva non
evocare l’autarchico sapore deamicisiano della Befana e dei fuochi di
San Giovanni per contrastare le zucche di Halloween, che spaventano tanto
l’italianità di tanti intellettuali convertiti al patriottismo
tricolore di regime. L’eccessivo fervore, tipico di tutti i neofiti, però
gli ha fatto prendere almeno un paio di cantonate. La prima riguarda le
antiche origini di tutti i riti che menziona nel suo accorato articolo:
fuochi, Giobianne e zucche illuminate discendono dalla stessa matrice
precristiana e sono profondamente incistati nell’immaginario collettivo
che la cultura celtica ha lasciato alla nostra gente. La seconda tavanata
tocca nello specifico la tradizione di Halloween, di Samain e del rapporto
con il mondo dei morti. Non è una tradizione estranea alla nostra
cultura, come dice il Della Loggia. Tutta la Padania è ancora oggi piena
di tradizioni antiche come il mondo che hanno a che fare con il pane dei
morti, con le cene apparecchiate per i morti, con le castagne lasciate sul
davanzale o sul tavolo per i morti, eccetera.
Da sempre e in tutti i nostri paesi la prima notte di novembre continua a
essere il momento di apertura della porta che collega il mondo dei vivi
con quello dei morti. È
Samain, il capodanno celtico, che la Chiesa ha adottato e cristianizzato
con Ognissanti e con la ricorrenza dei defunti. Ma
non basta. La tradizione
della zucca scavata a forma di testa e illuminata dall’interno non è
soltanto parte del folklore irlandese. Di questo argomento si è parlato a
Radio Padania Libera e sul quotidiano La Padania chiedendo
agli ascoltatori e ai lettori di raccontare di usanze simili eventualmente
presenti nei loro ricordi o nelle usanze ancora vive dei loro paesi: solo
nel giro di un paio di settimane sono arrivate decine di segnalazioni di
riti, analoghi fra di loro, che si svolgevano (e che si svolgono) in tutti
gli angoli della Padania. A una serie di immagini comuni sempre presenti
si sommano di volta in volta elementi diversi circa la collocazione delle
zucche, il loro rapporto con gli ambienti domestici o gli alberi,
l’usanza della questua di soldi o dolciumi, l’esatta collocazione del
rito durante l’arco della giornata, eccetera. La collocazione geografica
delle segnalazioni pervenute è stata
riportata su una carta, sulla quale è segnata anche l’area
approssimativa di copertura della radio che coincide ovviamente con la più
parte delle segnalazioni. (Fig. 1)
Fig.
1 - Presenza delle lümere. Segnalazioni pervenute di utilizzi rituali di
lümere. Le aree tratteggiate indicano la copertura approssimativa di
Radio Padania Libera.
Origini
e simbolismi
L’ anno celtico era suddiviso e cadenzato da quattro ricorrenze più
importanti, dette “feste del fuoco”: Samain (1° novembre), Imbolc (1°febbraio),
Beltane (1° maggio) e Lugnasad (1°agosto). Samain (o Samhain, Samuin, o
Samhuin) era la più importante, essa cadeva nel mese lunare segnato sul
calendario di Coligny col nome di Samonios (“Il tempo della fine
dell’estate”) e costituiva anche il Capodanno, col quale finiva la metà
“chiara” dell’anno e cominciava quella “scura” ed era perciò
simbolo di morte e di rinascita. La datazione coincideva con il sorgere
delle Pleiadi ma era anche legata con una certa evidenza al ciclo
pastorale: secondo T.G.E. Powell il nome stesso di Samain significherebbe
“riunione” e sarebbe legato al momento di riconduzione degli animali
nei ripari invernali e alla macellazione per l’inverno. (2)
Era perciò un periodo nel quale si doveva fare grande consumo di carni
che non potevano essere conservate. Era in ogni caso la ricorrenza più
importante dell’anno: era il giorno delle grandi adunanze popolari e
delle assemblee delle comunità, era perciò in tutti i sensi il momento
della “riunione” e della congiunzione fisica e simbolica. Avveniva la
“morte rituale” del re, era il giorno in cui terminavano i mandati
elettivi e venivano eletti in nuovi capi, vi si tenevano riti propiziatori
dei raccolti futuri con la simbolica uccisione dello “spirito del
grano” dell’estate. Era il giorno della scadenza e del rinnovo dei
contratti e degli affitti, che si è conservato nel San Martino
cristianizzato, il successivo 11 novembre, alla fine del periodo dei
festeggiamenti di Samain. Vi si tenevano giochi, discussioni, tornei,
cerimonie religiose, banchetti rituali per invocare l’abbondanza, e
festini dove l’allegria e l’ebbrezza erano di rigore.(3)
Si riteneva che nella notte fra il 31 ottobre e il 1° novembre
avvenisse anche l’amplesso rituale fra il dio padre Dagda e la dea madre
Morrigan. (4) Era il
momento della congiunzione fra i due anni (il vecchio e il nuovo) e fra i
due mondi (il visibile e l’invisibile) senza però appartenere né
all’uno né all’altro.“Il capodanno celtico era un giorno al di
fuori del tempo e dello spazio, tanto da permettere agli avi defunti, agli
uomini viventi, ai discendenti che dovevano ancora nascere e alle creature
non umane (dei, fare, demoni, elfi eccetera) di mostrarsi nel mondo e di
incontrarsi.” (5) In
quel momento dell’anno si abbattono le barriere fra il mondo visibile e
quello invisibile che entrano in comunicazione: gli abitanti dell’Altro
Mondo possono fare irruzione sulla faccia della terra, ma gli umani
possono entrare per un po’ nel dominio degli dei, degli eroi, e dei
defunti. I festeggiamenti di Samain solitamente non duravano solo lo
spazio di una giornata, ma come tutte le feste celtiche avevano inizio una
settimana prima del giorno indicato, trovavano il culmine il 1° novembre
e proseguivano per almeno una settimana dopo, di solito fino al giorno 11.
Per
secoli la Chiesa cattolica ha cercato di eliminare queste feste pagane, ma
alla fine ha dovuto rassegnarsi alla loro forza e al loro profondo
radicamento nell’animo popolare. Le ha solo in qualche modo esorcizzate
cristianizzandole: Imbolc è diventato la Candelora, Beltane il
Ca-lendimaggio, e Lugnasad San Lorenzo. Samain è diventata la festa di
Ognissanti e dei Morti, due ricorrenze distinte che ne hanno inglobato ed
esorcizzato le due valenze più importanti (il legame con gli “spiriti
santi” e con i defunti) e che hanno cercato di marginalizzare e di
eliminare ogni riferimento e segno di panteismo celtico (il contatto con
il “piccolo popolo” e l’idea di libero transito fra i due mondi).
Samain era una festa sostanzialmente allegra (come tutte le feste
celtiche): Ognissanti è ancora una festa gioiosa e solo la vicinanza con
il 2 novembre la fa diventare mesta acquisendo una tristezza tutta
meridionale, sconosciuta al mondo europeo più antico. Il rapporto con la
morte dei popoli celtici era sereno, quasi scanzonato: la paura della
morte, dei morti e dei cimiteri è merce di importazione mediterranea.
Fino a gran parte del Medioevo i cimiteri erano spazio “normale” della
vita comunitaria: in molte ricorrenze ci si andava per “stare con i
morti”, banchettare e fare festa con loro. Nel
1231, il concilio di Rouen proibisce di danzare nel cimitero o in
chiesa, pena la scomunica. Un altro concilio, nel 1305, proibisce di
danzare nei cimiteri, di giocarvi a qualunque gioco, vieta ai mimi, ai
giocolieri, agli esibitori di maschere, ai musicanti, ai ciarlatani di
esercitarvi il loro mestiere. Analoghi divieti continuano essere emanati
un po’ ovunque fino alla fine del XVII secolo. (6)
Di quelle antiche consuetudini resta l’uso di portare fiori sulle
tombe: “In quei giorni di freddo autunno i Celti portavano nei cimiteri
fiori a profusione , forse secchi, forse coltivati in serre per alludere
all’aldilà come paradiso”. (7)
La parte allegra dell’antica Samain si è mantenuta in Halloween, la
festa che nei paesi irlandesi e anglosassoni precede Ognissanti. La sera
del 31 ottobre allegre brigate (soprattutto) di bambini si mascherano e
visitano chiassosamente le case del paese per chiedere dolci e regali, in
mancanza dei quali faranno schiamazzi o imbratteranno di schiuma di sapone
i vetri delle finestre. Il segno di andare in giro mascherati da mostri,
streghe e folletti, riprende l’antica pratica del travestimento rituale
utilizzata dagli sciamani che, ponendosi al di fuori delle regole
conformistiche della società e assumendo le sembianze di esseri
soprannaturali, si mettevano in comunicazione con la realtà spirituale.
La forza simbolica di questa tradizione è tale che neppure i Protestanti,
nella loro furia iconoclasta e antipagana, si sono azzardati a tentare di
cancellarla ma l’hanno inglobata nei loro riti. In talune parti
dell’Europa settentrionale (Frazer cita il caso dell’isola di Man) il
1° novembre è stato considerato il primo giorno dell’anno anche fino
agli inizi del XX secolo. (8)
Il termine Halloween è, molto significativamente, la contrazione di All
Hallowed Souls (“tutte le anime sante”) o di All Hallows’ Eve
(“sera di tutti i santi”). Il segno più popolare, noto e diffuso di
questa notte di unione fra i mondi è una zucca svuotata, intagliata e
contenente una candela accesa, che è detta “jack o’lantern” nei
paesi anglosassoni e come
vedremo lümera
in Padania. In taluni casi assieme alle zucche vengono anche usati
ravizzoni (in Scozia) e grosse rape (Canton Ticino). Si tratta in ogni
caso di figurazioni che imitano nella forma e nelle fattezze dei
teschi:grandi orbite, apertura nasale e bocche aperte in cui sono
evidenziati i denti. E’ una sorta di ridicolizzazione e di
demistificazione della morte, un messaggio che suona del tutto normale in
una festa che afferma l’inter-comunicazione fra due mondi dei vivi e
quelli dei morti. La testa tagliata aveva
come è noto una
grande funzione rituale e simbolica presso i Celti che conservavano i capi
recisi degli avversari più valorosi e delle persone più importanti
ritenendo che la testa fosse la vera sede dell’anima e che, così
facendo, si potesse trattenere presso di sé o appropriarsi delle
caratteristiche migliori del morto. Le teste, scarnificate o conservate in
vasi di olio, venivano tenute presso templi o abitazioni, quasi sempre in
posizione dominante o agli ingressi degli edifici. (9)
“Usavano anche accatastare teschi perché si pensava che il morto
appartenesse, per un certo tempo, a entrambi i regni: per quanto nessuno
poteva dirlo.” (10)
Il rispetto che gli veniva tributato consentiva al cranio “di profetare
a beneficio dei rimasti in vita. Egli poteva inoltre, se riverito,
irradiare su di loro certe energie paradisiache... L’ossario con i suoi
teschi accatastati è più che una forma di sepoltura. La vicinanza dei
teschi è tale, come dice Yeats, che la loro ombra dall’aldilà cade sui
vivi.” (11)
Il rispetto per le teste tagliate impediva (e impedisce) che esse
potessero essere impiegate per azioni fortemente simboliche ma
sostanzialmente dissacranti come quelle delle feste e delle burle di
Samain. I teschi degli ossari venivano dipinti con colori rituali ed erano
al centro delle cerimonie religiose ma solo dei loro surrogati potevano
andare in giro ed essere impiegati in azioni giocose. L’utilizzo
irriguardoso delle teste tagliate vere era uno dei geis (tabù) più
terribili e rispettati delle comunità celtiche. Questo spiega il successo
e la incredibile durata nel tempo dell’uso giocoso delle zucche
intagliate a testa di morto.
Caratteri delle lümere padane
Nella pur rapida ricerca effettuata sulle lümere impiegate in Padania
sono emersi con grande chiarezza tutti i caratteri presenti nelle analoghe
manifestazioni anglosassoni. Risulta sicuramente primario il rapporto con
la notte del 1° novembre e, molto spesso con i giorni che lo precedono e
lo seguono. In un caso il rito ha addirittura inizio alla fine di
settembre (12)
e in un altro è stato indicato con sicurezza che continuasse fino
all’Epifania. (13)
Si è trovata una sola testimonianza, raccolta a San Daniele del Friuli
(UD), di lümere impiegate in altro periodo, collocato a metà estate. L’antico
legame con banchetti rituali, libagioni e pasti da consumare con i defunti
è confermato dalla grande resistenza delle usanze di confezionare dolci
speciali (detti localmente “pan dei morti”, “ossa dei morti”,
eccetera) e di apparecchiare la tavola per i morti la sera del 1°
novembre che si riscontrano un po’ ovunque. Sulla condivisa ritualità
si sovrappongono diversi dettagli locali sempre però caratterizzati
dall’impiego di cibi semplici e poveri: si tratta a volte di scodelle di
latte e castagne (14),
piatti di caldarroste
e bicchieri di sidro (15)
, fino a
semplici recipienti di rame riempiti d’acqua per placare la “sete dei
morti”. (16)
La
preparazione delle lümere segue linee estremamente omogenee. Si tratta
innanzitutto di una incombenza sempre affidata ai bambini e sotto la
direzione degli anziani. La zucca viene svuotata, vengono incisi i buchi
degli occhi, del naso e della bocca e vi viene introdotta una candela. (Fig.
2)
Fig. 2 - Schema di preparazione di una lümera.
1 - La zucca è incisa in profondità lungo una calotta circolare con una
lama puntata verso il centro
2 - Lo spicchio corrispondente alla calotta viene staccato
3 - La zucca e il coperchio vengono svuotati
4 - Vengono intagliati i fori degli occhi, del naso e della bocca. Vengono
praticati sul retro anche eventuali fori di riscontro dell’aria
5 - Viene fissata sul fondo una candela
6 - Viene ricollocato il coperchio.
I diversi dettagli estetici sono solo in funzione dell’abilità dei
giovanissimi esecutori: tutti gli intagli possono essere semplicemente
triangolari o più artisticamente arrotondati. Nei casi più elaborati, la
bocca viene arredata con l’inserimento di stecchini o di semi infilati
in forma di denti. (Fig. 3)
Fig. 3 - Tipi
di lümere.
1 - Schema più semplice con intagli triangolari eseguiti con semplici
incisioni a coltello
2 - Schema più elaborato nelquale le incisioni sono modellate e
arrotondate e la bocca (a mezzaluna o di altra forma arrotondata) è
completata con l’incastro di stecchini o di semi a mo’ di denti
Alcune
testimonianze indicano che qualche volta venivano realizzate anche delle
orecchie, fatte con semi di granoturco, penne di galline, pezzi di
formaggio o scampoli di stoffa. (17) Le
zucche sono spesso utilizzate
per fare scherzi, per spaventare i bambini (18),
le donne che si recano al lavatoio (15),
le vecchiette che vanno al cimitero (19),
lungo i sentieri e negli angoli più bui. Altre volte sono tenute in mano
e portate in processione da giovani e meno giovani
(20),
portate in giro dai ragazzi infilate su bastoni (21),
condotte bussando casa per casa per spaventare la gente (12)
o tenute in mano e portate per strada da ragazzi coperti da teli bianchi a
mo’ di mantello. (22)
Oltre che per spaventare la gente e organizzare burle, le lümere vengono
anche collocate lungo le strade, vicino alle chiese e ai cimiteri per
“illuminare la strada alle anime” (16)
e far loro ritrovare il cammino da un mondo all’altro. Esse hanno anche
funzione decorativa: la sera del 31 ottobre vengono accese dai bambini di
casa (23)
e poste sui
davanzali delle finestre, sui balconi, sulla porta di accesso, sui piloni
dei cancelli (22),
sui muretti attorno alla casa. (24)
In alcuni casi, la loro funzione estetica assume proporzioni notevoli:
zucche illuminate di medie dimensioni erano messe a Cosseria (SV) a tutte
le finestre di casa e una molto più grande davanti alla porta principale (18); a
Pisa erano posizionate “ad effetto” lungo tratti del muro d’Arno. (12)
A
Manerbio (BS) e nelle campagne del Canavese venivano appese ai rami degli
alberi. Una partico-lare concentrazione di simboli si trova in alcune
delle usanze friulane: i semi raccolti nell’operazione di svuotamento
della zucca venivano conservati per la semina dell’anno
successivo
(passaggio da un “tempo” all’altro), le
candele venivano lasciate accese tutta notte per sciogliere e rendere più
dolce e gradevole la polpa rimasta all’interno
che serviva da nutrimento per i morti, in
ogni
casa si preparava una zucca per ognuno dei morti che si volevano ricordare
(a volte si lasciava infilata nella zucca una lettera a loro destinata) e
la mattina si controllava dallo spostamento degli oggetti se le anime
erano effettivamente passate e se avevano gradito l’accoglienza.(17)
L’impiego
sistematico delle lümere è continuato , secondo quasi tutte le
testimonianze raccolte, con grande vigore fino agli anni ‘50 e ha da
allora continuato ad affievolirsi. Ha ritrovato una certa fortuna in tempi
più recenti grazie all’acquisizione di abitudini di importazione
americana di cui si è però smarrito l’antico legame con la nostra
tradizione. Gli impieghi più ricorrenti sono riportati sulla Fig. 4.
Fig. 4 - Impieghi più comuni delle lümere.
1 - Zucca nuda posta su un muretto
2 - Zucca completata da un cappellaccio
3 - Zucca vestita con un telo bianco a mo’ di mantello
4 - Zucca appesa a un ramo d’albero
5 - Zucca portata in processione
Secondo gran parte delle testimonianze raccolte, le zucche scavate e
illuminate venivano chiamate lümere in Lombardia, in Emilia e in
Piemonte, lumere nel Veneto Occidentale, lumazze nel
Polesine e in Romagna. E’ stata anche raccolta testimonianza di alcune
limitate varianti locali che le indicano come teste da mort a
Biella, e mortesecche a Lucca. Si tratta, soprattutto in questi
ultimi casi, di denominazioni che rafforzano il legame con l’originario
simbolismo delle teste tagliate dei Celti. Le
denominazioni più diffuse sono indicate sulla Fig. 5.
Fig.
5 - Denominazioni più diffuse
La raccolta dei dati non è certo stata caratterizzata da grande
sistematicità dal momento che è stata fatta soprattutto fra gli
ascoltatori di RadioPadania Libera la cui copertura del territorio
interessato è solo parziale, come indicato dalla Fig. 1. I riferimenti
alle altre aree sono il risultato delle segnalazioni di ascoltatori da lì
originari o di lettori del quotidiano che si sono presi il disturbo di
dare testimonianza per lettera o fax. (25)
Ad un certo punto del citato
articolo di Ernesto Galli della Loggia si dice che Halloween e le sue
zucche non hanno nulla a che vedere con l’Italia. Almeno su questo ha
tutte le ragioni: le lümere sono una bella espressione di antico
celtismo e di ritrovata padanità.(25)
Note:
(1) Ernesto Galli della Loggia, “Feste, fantasmi e zucche vuote”, sul
Corriere della Sera lunedì,
2 novembre 1998), pag.1.Anno
V, N. 21
(2) T.G.E. Powell, I Celti (Milano: Il Saggiatore, 1996), pag.118 (3)
Jean Markale, Le Christianisme
Celtique et ses Survivan-ces Populaires (Paris: Imago, 1983), pag.186
(3) Riccardo Taraglio, Il Vischio e la Quercia (Grignasco: Edizio-ni Età
dell’Acquario, 1997), pag.406
“Un detto caratteristico di Samain recita : “Carne, birra, noci,
salcicciotto, è quanto spetta a Samain, fuoco da campo gioioso sulla
collina ,latte burrificato, pane e burro fresco.”Descrivendo chiaramente
come si svolgevano le celebrazioni di questo giorno. Per i Celti la
carne di maiale, la birra, il vino e l’idromele erano vettovaglie legate
ai mondi spirituali e davano accesso all’eternità e spesso gli incontri
in occasione di Samain si trasformavano in colossali ubriacature e
pantagruelici banchetti.
(4) John King, The Celtic Druids’ Year (London: Blandford, 1994), pag.130
(5) Riccardo Taraglio, Il Vischio e la Quercia, op.cit., pag.406.
(6)
Philippe Ariès, Storia della morte in Occidente (Milano: Rizzoli, 1978),
pag.32
(7)
Alfredo Cattabiani, Calendario. Le feste, i miti, le leggende e i riti
dell’anno (Milano:Rusconi, 1988), pag.318
(8)
James G. Frazer, Il ramo d’oro (Torino: Boringhieri, 1973), pag.976 1
23 4 56
(9)
Barry Cunliffe, L’Universe des Celtes (Lucerna: Bibliotheque de l’Image,
1993), pagg.83-84
(10)
Alfredo Cattabiani, Calendario, op.cit., pag.318
(11)
Margarethe Riemschneider, “Vivere coi morti”, in Conoscenza religiosa,
n.1, 1981, pag.69
(12)
Testimonianza di Romano Redini, di Lucca
(13)
Testimonianza del signor Beppe, di Casale Monferrato (AL)
(14)
Testimonianza di Natalina Bortoluzzi, di Belluno.
(15)
Testimonianza di Silvano Civra Dano, di Galfione (BI)
(16)
Testimonianza di Renzo Dal Bello, di Suzzolins (UD)
(17)
Testimonianza di Ezio Pellegrini, di Rive d’Arcano (UD) Il testo
completo di questa testimonianza è stato pubblicato il giorno 18 novembre
1998 su La Padania (pag.19).
(18)
Testimonianza di Carla Landi, delle Langhe
(19)
Testimonianza di Giovanni Bai, di Locarno (Ticino)
(20)
Testimonianza di Sergio Amadio, di San Zenone degli Ezzelini (TV) Questa
usanza ripropone l’immagine della cosiddetta “processione delle
anime”, o “processione dei morti” che è molto diffusa nella cultura
popolare alpina, con particolare intensità nelle vallate Walser.
(21)
Testimonianza di Piero Casarotti, dei Colli Euganei
(22)
Testimonianza di Giuseppe Furlan, di Pordenone
(23) Testimonianza
di Gilberto dell’Oste, di Canal di Gorto (UD)
(24)
Testimonianza di Maura Macchi, di Cassano Magnago (MI)
(25)
Segnalazioni documentate sono pervenute da: Adria (RO), Albese
(CO), Albiate Brianza (MI), Alessandria, Almenno San Salvatore (BG), Alpi
Carniche (UD), Altipiano dei Sette Comuni (VI), Appennino toscano (MS, LU,
PT), Arcene (BG), Azzano Decimo (PN), Bagni di Lucca (LU), Barga (LU),
Bellinzona (Canton Ticino), Bedonia (PR), Borgosesia (VC), Breno (BS),
Broni (PV), Bussoleno (TO), Caglio (CO), Campagna di Milano, Canal di Grivò
(UD), Canavese (TO), Candelo (BI), Cantavenna Monferrato (AL), Canzo (CO),
Capodistria (Istria), Cartigliano (VI), Casale Monferrato (AL), Casnate
(CO), Cassano Magnago (VA), Castellanza (VA), Castellazzo Bormida (AL),
Chiavazza (BI), Cisterna d’Asti (AT), Collina di Torino, Comeglians
(UD), Como, Corcovado (PN), Cosseria (SV), Ferrara, Ferriere (PC),
Fossombrone (PE), Galfione (BI), Garfagnana (LU), Genova, Gignod (AO),
Gius-sano (MI), Inveruno (MI), Isola Vicentina (VI), Istria centrale,
Ivrea (TO), Lago di Varese, La Morra (CN), Langhe (CN, AT), Leno (BS),
Locarno (Canton Ticino), Lomellina (PV), Lucca, Lunigiana (MS), Macherio
(MI), Magnago (MI), Ma-nerbio (BS), Maniago (PN), Mantova, Milano, Modena,
Mon-ferrato (AL,AT), Montagnana (PD), Monza, Muggia (TS), Ombriano (CR),
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d’Adige (PD), Piadena (CR), Pieve di Soligo (TV), Pola, Quartier di
Piave (TV), Ra-venna, Recco (GE), Rovigo, San Carlo Canavese (TO), San
Daniele del Friuli (UD), Sant’Angelo Lodigiano (LO), Sant’Angelo di
Piove di Sacco (PD), Sant’Erasmo (VE), San Zenone degli Ezzelini (TV),
Sommacampagna (VR), Sovra-monte (BL), Spinetta Marengo (AL ), Strà (VE),
Suzzolins (PN), Tambre d’Alpago (BL), Tirano (SO), Torre del Lago (LU),
Trens (BZ), Treviso, Val Camonica, Val di Sole (TN), Val di Vara (SV),
Valle Imagna (BG), Val Sugana (TN), Venezia, Venzone (UD), Verona.
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