LA TRADIZIONE
DI
SANTA LUCIA
A LENNA IN ALTA VAL BREMBANA
di Mirko Trabucchi
Il Solstizio d'Inverno
Le tradizioni
legate al culto di Santa Lucia nella nostra provincia mantengono ancor oggi
un particolare vigore anche in alta montagna, più precisamente a Lenna in
Val Brembana, dove ancor oggi si mantiene un’intimo ed antico legame con
questa figura che, simboleggiando la luce solstiziale che risorge dalle
tenebre, irrora la ciclicità della vita rappresentata dai bimbi, emblemi
della continuità.
Le
celebrazioni a Lenna partono da molto lontano, infatti vi si trova un’antica
chiesetta a lei dedicata ed è la patrona del paese. Il 13 dicembre i bimbi
sono a casa dalla scuola e in paese ha luogo una fiera popolare che un tempo
era chiamata del “mercante di neve”, in quanto spesso in quei giorni
cadevano i primi fiocchi.
La sera del 12
dicembre infatti si usava accendere dei grandi falò celebrativi alimentati
da sterpaglie (menade di spì) e legname vario, che i bambini andavano a
raccogliere nei giorni antecedenti accompagnati dal festoso suono delle
campane che intonava canzonette e nenie natalizie. In quei giorni veniva
inoltre aperto il campanile anche ai più piccini, che assieme ai campanari,
si dilettavano a suonare le campane.
Affresco di Santa Lucia a Lenna
Sulla sommità
delle cataste dei falò di solito veniva posta anche una “ègia”, ossia un
fantoccio di una vecchia strega fatto di stracci, che simboleggiava la
cattiva e buia stagione che veniva immolata alle fiamme rigeneratrici del
sole.
Una volta
estinti i falò, un tempo si ritornava a casa per lucidare la scarpetta di
legno per poi porla sul davanzale della finestra della propria casa, nella
quale Santa Lucia, durante la notte, avrebbe riposto caramelle e doni, di
solito un’arancia (pùrtugal), una carruba e i "basì dè sochèr o dè dama"
(caramelle di zucchero).
Un tempo nel
paese aveva luogo una grande fiera di dolci, balocchi e animali; le osterie
e le locande erano in festa, si cantava, si suonava e si mangiava la trippa,
anche nelle case veniva preparata ed era l’occasione per invitare i parenti.
C’è chi
ricorda un ambulante di Bergamo che con il suo carretto risaliva la valle e
vendeva le bambole, che dapprima le metteva all’incanto delle mamme e delle
loro bimbe, e poi terminata “l’asta” venivano portate in dono alle bimbe.
In tutta la
Bergamasca e le aree della vecchia Repubblica di Venezia, l’attesa per Santa
Lucia era molto sentita, i bimbi lucidavano la propria scarpina e la
ponevano la sera della vigilia sul davanzale di casa, preparavano il fieno,
carote, crusca con acqua per rifocillare l’asinello. A volte veniva posto
sul davanzale della finestra anche un lumicino per indicare alla Santa,
durante il suo volo notturno, che in quella casa vi era un bambino.
Dopo i
preparativi è l’ora di andare a letto per la grande notte magica! Chi
disubbidisce alla Santa riceve una manciata di cenere negli occhi diventando
cieco! Quindi tutti a letto senza storie!
Lenna la vecchia chiesetta di Santa Lucia
Santa Löséa Mama méa
Co’ la borsa del papà
Santa Löséa la rierà
Santa Lucia mamma mia
Con la borsa del papà
Santa Lucia verrà
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Santa Lüzzea l’è mama mèa
la ègnerà sòl me balcù
a purtàm tànce bùn bù
Santa Lucia
è mamma mia
verrà sul mio balcone
a portarmi tanti bon bon
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Santa Lucia, mamma mia,
metti un regalo nella mia scarpa,
se la mamma non lo mette,
restan vuote le mie scarpette
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